L'amministrazione di sostegno prevale su interdizione e inabilitazione
In materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, in seguito alla riforma che ha introdotto nel nostro ordinamento la figura dell'amministratore di sostegno, gli istituti della interdizione e della inabilitazione hanno assunto un carattere meramente residuale. Pertanto, laddove la situazione socio-sanitaria del soggetto lo consenta, il giudice deve propendere per il nuovo strumento, data la sua maggiore idoneità ad adeguarsi alle esigenze concrete del beneficiario. Questo è quanto affermato dal Tribunale di Genova con la sentenza 2316/2016 che certifica un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza.
Il caso - A rivolgersi ai giudici liguri era stata la Procura della Repubblica che, in virtù della relazione medico-psichiatrica di un uomo anziano già precedentemente inabilitato, segnalava l'opportunità di sostituire la più rigida misura dell'inabilitazione con la più snella misura dell'amministrazione di sostegno. L'uomo, infatti, godeva sostanzialmente di buona salute ed era proprietario solo dell'immobile in cui viveva. Tali condizioni erano tali da consentire una tutela adeguata senza la necessità di privarlo della capacità d'agire.
L'amministrazione di sostegno è da preferire - Il Collegio è perfettamente d'accordo con la Procura e dispone la revoca del curatore con trasmissione degli atti al Giudice tutelare competente per l'apertura di amministrazione di sostegno. I giudici prendono atto che, a partire dall'introduzione del nuovo istituto ad opera della legge 6/2004, la giurisprudenza si è mostrata favorevole all'applicazione della figura di cui agli articoli 404 e seguenti del codice civile a scapito degli istituti della interdizione e inabilitazione. Pertanto, nella scelta tra le varie forme di protezione disciplinate dal codice civile, deve privilegiarsi la nomina dell'amministratore di sostegno, laddove le condizioni psico-fisiche e patrimoniali del soggetto lo consentano. Il nuovo istituto si mostra, infatti, più flessibile a far fronte alle esigenze concrete e quotidiane del soggetto e presenta una più agevole procedura applicativa: il beneficiario dell'amministrazione di sostengo conserva la capacità d'agire per tutti gli atti che non richiedono una rappresentanza esclusiva o assistenza e può continuare a compiere i normali atti della vita quotidiana.
Ciò premesso, la scelta spetta al giudice, «tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie». E nel caso concreto, vista la necessità di continuare ad adottare un forma di protezione nei confronti dell'anziano, non in grado di gestirsi autonomamente, ma dotato di una certa «lucidità nella propria gestione personale ed economica», la scelta dell'amministrazione di sostegno è parsa la più congrua.
Tribunale di Genova - Sezione IV civile - Sentenza 30 giugno 2016 n. 2316