Famiglia

L’assicurazione sulla vita ed il diritto successorio

La stipula di una polizza assicurativa sulla vita può assumere la veste di strumento per la tutela del nucleo famigliare, in particolare dei figli, ma può essere utilizzata anche come strumento finanziario di investimento e di trasmissione del patrimonio

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di Marzia Baldassarre*

La stipula di un’assicurazione sulla vita può risultare utile ed interessante sotto diversi profili.

La prima ipotesi da prendersi in considerazione è il caso di un nucleo familiare ove siano presenti figli minori e l’unica fonte di reddito provenga da un unico genitore o comunque, anche se entrambi i genitori sono produttori di reddito, gli stessi, presi in considerazione singolarmente, non siano sufficienti ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze della famiglia.

In tal caso appare vantaggioso stipulare un’assicurazione sulla vita del soggetto che costituisce la fonte del reddito famigliare per evitare che nel caso di morte imprevista ed improvvisa del medesimo, oltre al dolore per la perdita del congiunto, gli altri componenti del nucleo abbiano a dover sopportare un dissesto economico.

La stipula di una polizza assicurativa, quindi, sulla vita può assumere senza’altro, nelle ipotesi ora considerate, la veste di strumento per la tutela del nucleo famigliare ed in particolare dei figli e per la pianificazione del futuro.

Secondariamente la polizza assicurativa sulla vita può essere utilizzata come strumento finanziario di investimento e di trasmissione del patrimonio della stipulante a favore dei beneficiari.

Cosa si debba intendere per polizza a contenuto finanziario è stato dettagliatamente descritto dalla sentenza n.29583/21 della Seconda Sezione del Supremo Collegio emessa in data 22/10/2021.

Tale pronuncia ha infatti precisato “nelle polizze di tipo classico, l’assicurato mira generalmente a garantire la disponibilità di una somma a familiari ovvero a terzi al momento della propria morte ed il rischio di perdita del capitale è pari a zero, essendo predeterminato l’importo da erogare al contraente o al beneficiario alla scadenza del contratto. Invece, nelle polizze a contenuto finanziario, al posto dell’obbligo restitutorio in capo all’impresa di assicurazione, viene conferito una sorte di mandato di gestione del denaro investito e l’investitore matura il diritto al mero risultato di gestione che quindi varia in base a una serie di fattori: l’andamento del mercato, dei titoli investiti, eccetera. Il riferimento è in particolare alle polizze unit e index linked, il cui rendimento, nel primo caso, è parametro all’andamento di fondo comuni di investimento e, nel secondo, ad indici di vario tipo, generalmente titoli azionari. L’elemento caratterizzante tale tipologie di polizze è dunque il rischio finanziario, che, nelle così dette linked “pure” grava interamente sull’assicurato, poiché la compagnia non garantisce né la restituzione del capitale, né eventuali rendimento minimi.”

Due sono gli aspetti che devono essere posti in rilievo nel considerare gli effetti delle polizze di assicurazione sulla vita.

Il primo è che i soggetti che in caso di morte dello stipulante risultano, secondo le indicazioni di quest’ultimo, essere i beneficiari delle somme previste dalla polizza acquisiscono il diritto al pagamento delle stesse non iure successionis e cioè in conseguenza dell’evento morte ma in forza del contratto di assicurazione a suo tempo stipulato dal contraente stesso.

Tale fatto riveste una notevole rilevanza, poiché significa in pratica che quanto corrisposto dall’Assicuratore non rientra nell’asse ereditario del de cuius, non sconta l’imposta di successione, non comporta lesione dei diritti di legittima.

Tale aspetto è stato sottolineato anche dalla Suprema Corte la quale recentemente con la già citata sentenza n.29583/21 ha affermato “costituisce principio acquisto che, in tema di polizza vita, la designazione dà luogo a favore del beneficiario a un acquisto iure proprio ai vantaggi dell’assicurazione (art.1920 c.c.), anche se sottoposto alla condizione risolutiva della mancata revoca della designazione (Cass. n.3263/2016). Iure proprio vuol dire che il diritto trova la sua fonte nel contratto e non entra a far parte del patrimonio ereditario dello stipulante (Cass., S.U., n.11421/2021; n.25635/2018; n.15407/2000). È opinione unanime, in dottrina e in giurisprudenza, che la designazione del beneficiario sia un negozio unilaterale, personalissimo e non recettizio, con cui il contraente individua in modo generico o specifico il destinatario della prestazione dell’assicuratore (Cass. n.4833/1978).

Oltre a quello poc’anzi considerato vi è un altro aspetto, se possibile ancor più significativo, costituito dal fatto che il beneficiario consegue il diritto al pagamento dell’importo assicurato indipendentemente dal fatto che egli sia erede o meno del defunto ed anche nel caso in cui, pur rivestendo la qualità di erede, egli abbia rinunciato all’eredità stessa.

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*A cura dell’Avv. Marzia Baldassarre, Studio Legale Baldassarre - Partner 24 ORE

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