Civile

L’atto di rinuncia estingue il giudizio solo se comunicato alla controparte

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di Mario Finocchiaro

L'atto di rinunzia al ricorso per cassazione depositato nel termine previsto dall'articolo 390 del Cpc non può essere considerato idoneo a determinare la estinzione del giudizio, qualora non sia stato notificato alla controparte, né comunicato all'avvocato della stessa il quale non abbia – pertanto – apposto il visto prescritto dall'articolo 390, comma 3, del Cpc. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 23080 del 2014.

Per la produzione dell’effetto estintivo - Secondo i giudici della prima sezione civile, tali adempimenti, infatti, risultano essenziali ai fini della produzione dell'effetto estintivo, non essendo previsti ai soli fini dell'esonero del rinunciante dalla condanna alle spese, ma per il perfezionamento della rinuncia la quale – pur non richiedendo l'accettazione della controparte, per effetto della inapplicabilità dell'articolo 306 del Cpc al giudizio di legittimità – costituisce pur sempre un atto recettizio.

La dichiarazione resa dalla parte e dal suo difensore (di rinunzia al ricorso) comunque, in quanto idonea a evidenziare il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione, giustifica la dichiarazione di inammissibilità della impugnazione, cui deve far seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Gli orientamenti precedenti - Con la pronunzia in rassegna la Suprema corte si adegua all'insegnamento contenuto in Cassazione, sezioni Unite, sentenza 18 febbraio 2010 n. 3876, secondo cui l'atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto, per cui, in difetto di tali requisiti, l'atto di rinuncia non è idoneo a determinare l'estinzione del processo, ma, poiché è indicativo del venir meno dell'interesse al ricorso, ne determina comunque l'inammissibilità.

Con tale pronunzia – come noto – le Sezioni Unite hanno risolto un contrasto di giurisprudenza manifestatosi nell'ambito delle sezioni semplici. Mentre, infatti, in diverse occasioni era stato affermato che l'atto di rinuncia al ricorso per cassazione si perfeziona solo a seguito della notifica di esso alla controparte, ove costituita, o della comunicazione di esso ai suoi procuratori, con apposizione del visto dei medesimi; soltanto qualora siano soddisfatte dette condizioni e, in difetto, può essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso, ove si accerti la sussistenza di un sopravvenuto difetto di interesse (ad esempio, Cassazione, sentenze 19 dicembre 2006 n. 27133 e 14 luglio 2006 n. 15980), in altre era stato ritenuto che la rinuncia al ricorso per cassazione produce l'estinzione del processo anche in assenza di accettazione, in quanto tale atto non ha carattere “accettizio”, non richiede cioè l'accettazione di controparte per essere produttivo di effetti processuali (ad esempio, Cassazione, sentenze 15 ottobre 2009 n. 21894 e 18 settembre 2008 n. 23840, nonché ordinanza 23 dicembre 2005 n- 28675, che evidenziano come l'atto di rinuncia comporta di per sé l'estinzione del procedimento, indipendentemente dalla notificazione o comunicazione, che sono prescritte da detta norma al solo fine di sollecitare l'adesione delle controparti medesime alla rinuncia, e di prevenire quindi alla radice la condanna alle spese del rinunciante).

Sezione I civile - Sentenza 30 ottobre 2014 n. 23080

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