Penale

L’avviso pubblico di ricerca immobiliare obbliga alla comparazione tra i concorrenti

La Cassazione, con la sentenza n. 18241 depositata oggi, ha circostanziato anche l’ambito di applicazione del nuovo reato di indebita destinazione di denaro

di Francesco Machina Grifeo

Il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente è configurabile nei casi in cui la trattativa privata, al di là del nomen iuris, si svolga a mezzo di una gara, sia pure informale. Come, per esempio, nel caso di un avviso pubblico di ricerca immobiliare da parte di una Fondazione. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 18241 depositata oggi, aggiungendo che il delitto è ravvisabile ogniqualvolta sia accertato «un segmento valutativo concorrenziale». Mentre non è configurabile nelle ipotesi in cui il procedimento di scelta sia svincolato da ogni schema concorsuale, come nelle ipotesi di contratti conclusi dalla pubblica amministrazione a mezzo di trattativa privata o quando la decisione di procedere all’affidamento diretto sia essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte a evitare la gara.

E allora, l’«avviso di ricerca immobiliare» pubblicato dalla Film Commission di una regione del nord Italia, argomenta la Corte, al pari del bando, costituisce un invito a offrire, “in quanto non solo individua l’oggetto del contratto e le caratteristiche fondamentali dell’immobile (la sua superficie, la zona dove doveva essere ubicato, le caratteristiche catastali e le dotazioni richieste), ma ammette anche una pluralità di offerenti”. La Fondazione, dunque, in caso di pluralità di offerenti, “avrebbe dovuto pur sempre individuare la parte contraente sulla base di una comparazione tra i concorrenti condotta secondo il criterio di imparzialità e di parità di trattamento e non già limitarsi a scegliere fra gli stessi secondo le valutazioni di mera convenienza ed opportunità, proprie delle contrattazioni tra privati”.

Né valgono a escludere la configurabilità del delitto contestato, le recenti pronunce, sempre della VI Sezione penale, secondo le quali possono essere ricondotti alla nozione di “gara” solo i procedimenti concorsuali di cui la PA si avvale per la cessione di beni o per l’affidamento all’esterno dell’esecuzione di un’opera o la gestione di un servizio. Questi principi di diritto, infatti, spiega la Corte, affermati con riferimento alla nozione di gara, che figura nella fattispecie di turbata libertà degli incanti (art. 353 Cp), non sono trasponibili con riferimento alla fattispecie di turbata libertà di scelta del contraente (art. 353-bis Cp), incentrata sulle turbative illecite del procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente, indipendentemente dall’oggetto dello stesso.

La Cassazione nel confermare la condanna per peculato degli imputati, rei di aver acquistato, per conto della Film commission, al doppio del prezzo un immobile da adibire come sede istituzionale, (utilizzando un finanziamento regionale da 1 mln di euro, a fronte di una stima del valore del capannone acquistato di circa 400mila euro), ha poi chiarito l’ambito di applicazione del reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili (art. 314-bis del Cp), introdotto dal Dl 92/2024, rispetto al peculato (art. 314 Cp) e all’abuso d’ufficio, poi abrogato.

Il legislatore – scrive la Corte - ha inteso mantenere inalterato l’ambito applicativo del delitto di peculato. Le condotte di distrazione qualificabili come peculato, dunque, non sono suscettibili di diversa qualificazione per effetto dell’introduzione del delitto di cui all’art. 314-bis Cp, e, pertanto, rimangono punibili ai sensi dell’art. 314 Cp.

Si tratta dei casi, spiega la Cassazione, in cui la condotta distrattiva integra un’effettiva appropriazione perché la res è sottratta in modo definitivo dalla finalità pubblica per conseguire finalità private proprie o altrui; vi è, dunque, continuità nella qualificazione giuridica e, di conseguenza, nella risposta sanzionatoria, sempre affidata all’art. 314 Cp.

L’art. 314-bis Cp, dunque, non interferisce e non costituisce lex mitior rispetto alle condotte di peculato per distrazione, che esulano del tutto dall’ambito applicativo della fattispecie di indebita destinazione.

La nuova fattispecie di reato, coerentemente con la ragione della sua introduzione, sottrae, invece, le condotte di indebita destinazione di denaro o cose mobili, ritenute nell’assetto previgente quale condotte di abuso di ufficio, all’irrilevanza penale conseguente all’abolitio criminis di tale reato, per evitare il contrasto con gli obblighi di criminalizzazione derivanti dal diritto dell’Unione europea.

E allora, tornando al caso specifico, posto che nel caso di specie, per quanto accertato dalle sentenze di merito, la distrazione del contributo straordinario erogato dalla Regione Lombardia è stata operata dagli imputati nel proprio interesse, senza alcuna compresenza dell’interesse pubblico, permane corretta la qualificazione di tali condotte come peculato, ai sensi dell’art. 314 cod. pen., e non già come indebita destinazione di denaro o cose mobili, ex art. 314-bis Cp.

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