Professione e Mercato

L'avvocato non è tenuto (sempre) a informare il collega

Il Consiglio Nazionale Forense ricorda che l'obbligo di colleganza "cede" rispetto al dovere di difesa

di Marina Crisafi

"L'obbligo di colleganza, che il nuovo codice deontologico non inserisce tra i doveri ‘primari', volendo con ciò sottolineare che esso cede rispetto al dovere di difesa (art. 46 cdf), se impone all'avvocato di tenere coi colleghi un comportamento improntato a correttezza e lealtà, non esige – che il professionista - sia tenuto a mettere al corrente il collega avversario delle iniziative che intende adottare a tutela degli interessi del proprio assistito, né tanto meno di tenerlo al corrente comunque dello svolgimento dell'azione intrapresa". Lo stabilisce il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n. 181/2022 pubblicata sul sito del codice deontologico "assolvendo" definitivamente un avvocato dagli addebiti contestati dal Consiglio dell'Ordine.

La vicenda
Nella vicenda, il legale, in seguito ad esposto dell'avvocato di controparte, veniva citato a giudizio disciplinare, incolpato di aver omesso di informare la collega (la quale in vista di un procedimento per ricorso per scioglimento del matrimonio richiedeva per conto della sua cliente se vi fosse la possibilità di procedere in via consensuale), di avere già depositato il ricorso per scioglimento del matrimonio giudiziale con ciò rendendosi "responsabile della violazione dei principi di probità, dignità e decoro di cui all'art. 9 nuovo codice deontologico forense e del principio di cui all'art. 19 nuovo codice deontologico forense che pone a carico dell'avvocato il dovere di mantenere nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà".
Il Consiglio Distrettuale di Disciplina decideva per il non luogo a procedere disciplinarmente in relazione al capo di incolpazione, posto che la corrispondenza intercorsa tra i legali escludeva la sussistenza dell'illecito. Avverso tale decisione il COA di Firenze proponeva impugnazione eccependo in primo luogo la carenza di motivazione della decisione di proscioglimento perché i fatti avvenuti non erano stati contestati nel loro accadimento ed era quindi onere dell'avvocato, informare la collega del deposito del ricorso, nel rispetto del rapporto di colleganza.

Nessuna condotta illecita
Per il CNF, però, il ricorso del COA non può essere accolto, in quanto il CDD ha correttamente attribuito valore probatorio alla tesi dell'incolpato e ritenuto che non fosse desumibile dagli atti del procedimento la sussistenza di una condotta illecita a carico dell'incolpato individuata nella circostanza di non avere "informato la collega del deposito del ricorso assumendo che la stessa avrebbe peraltro manifestato la volontà della sua assistita di un deposito in forma congiunta".
Non sussisteva, pertanto, uno specifico dovere dell'incolpato di informare la controparte dell'avvenuto deposito del ricorso in argomento, non vertendosi in tema di una trattativa interrotta senza preventiva comunicazione, disciplinarmente sanzionato ex art. 46 CDF.

Obbligo di colleganza: il principio del CNF
La norma deontologica, sancisce infatti il Consiglio, "impone all'avvocato di tenere con i colleghi un comportamento improntato a correttezza e lealtà, ma non esige che l'avvocato sia tenuto a mettere al corrente il collega avversario delle iniziative che si intende adottare a tutela degli interessi del proprio assistito, né tanto meno di tenerlo al corrente comunque dello svolgimento dell'azione intrapresa dovendo ritenersi prevalente il diritto di difesa del proprio assistito sul rapporto di colleganza" (cfr. Cnf n. 247/2018). Unica "eccezione a questo principio è che siano in corso trattative stragiudiziali di bonario componimento della controversia" conclude il CNF, ma di queste trattative "non è stata fornita prova nel presente procedimento".
Da qui l'inesistenza dell'addebito.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©