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L'efficacia degli accordi sui trasferimenti immobiliari nella separazione e nel divorzio

I coniugi, in sede di separazione o di divorzio congiunto, possono concludere accordi patrimoniali aventi ad oggetto trasferimenti immobiliari a favore di uno di essi o di uno o più figli, senza la previsione di un corrispettivo

di Giancarlo Cerrelli*

I coniugi, in sede di separazione o di divorzio congiunto, possono concludere accordi patrimoniali aventi ad oggetto trasferimenti immobiliari a favore di uno di essi o di uno o più figli, senza la previsione di un corrispettivo.

Dalla dottrina prevalente e dalla giurisprudenza, infatti, è stato riconosciuto, che nella separazione consensuale e nel divorzio congiunto può trovare spazio - oltre a un contenuto necessario, costituito dalle condizioni relative all'affidamento dei figli, all'assegnazione della casa coniugale, al contributo al mantenimento dei figli e del coniuge – anche un contenuto eventuale.

Nel detto contenuto eventuale rientrano gli accordi che realizzano una definizione transattiva dei rapporti patrimoniali fra i coniugi dopo la separazione o dopo il divorzio. Dunque, sia la separazione consensuale, sia il divorzio congiunto possono contenere intese traslative di diritti reali, ed anche di diritti reali su beni immobili.

Tale accordo può avvenire:
• per realizzare la divisione di un bene o di un patrimonio comune (sia in comunione legale, sia in comunione ordinaria);
• per liquidare in un'unica soluzione i diritti del coniuge debole o, a volte anche dei figli;
• per la costituzione di un vincolo di destinazione su un immobile a favore dei figli (art. 2645 ter c.c.);
• per la costituzione di diritti reali immobiliari a favore di un coniuge o dei figli (cfr. Cass. 17 maggio 2010 n. 12045; Cass. 12 aprile 2006, n. 8516)
• a titolo di una definitiva regolamentazione di ogni rapporto patrimoniale fra i coniugi, nell'ambito di una più ampia transazione.

Convenienza economica e fiscale dei trasferimenti immobiliari in sede di separazione e divorzio

Uno dei motivi che induce i coniugi a inserire nelle clausole degli accordi di separazione o di divorzio tali trasferimenti deriva dal fatto che è notevole la loro convenienza economica; è, infatti, possibile, evitare il ricorso al notaio, godendo, per giunta, di una disciplina fiscale favorevole.
I trasferimenti immobiliari, come del resto tutti i provvedimenti relativi al procedimento di divorzio e/o di separazione personale dei coniugi, sono, infatti, esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa (cfr. art. 19 L. 74/1987 – Corte Cost. 10 maggio 1999, n. 154; Corte Cost. 11 giugno 2003, n. 202 - Circ. Min. AE 21 Febbraio 2014 n. 2/E, Studio Consiglio Nazionale Notariato 1011/2013/T).

Modalità del trasferimento

Tali accordi hanno natura contrattuale e costituiscono espressioni dell'autonomia privata dei coniugi (cfr. Cass. 15 marzo 1991, n. 2788 ).

I coniugi inseriscono la clausola, con cui precisano le caratteristiche dell'operazione di trasferimento immobiliare, nel verbale di separazione consensuale redatto nel corso dell'udienza di separazione ai sensi dell'art. 711 c. p. c., oppure chiedendo al giudice di inserirla nella sentenza di divorzio congiunto di comparizione dinanzi al collegio nella procedura di divorzio congiunto ai sensi dell'art. 4 c. 16 L. 898/1970.

Le parti, tuttavia, ove, in sede di separazione, volessero stipulare una sorta di preliminare di un trasferimento immobiliare, con l'intenzione che questo avvenga soltanto in un secondo momento, possono limitarsi a pattuire in sede giudiziale un impegno a effettuare un distinto e successivo atto di trasferimento. È necessario, però, che tale volontà - cioè che si tratta di una promessa - emerga in modo chiaro. A tal fine basta specificare che un coniuge promette di vendere e l'altro si obbliga ad acquistare.

C'è da dire, che anche la stipula del preliminare negli accordi di separazione consensuale risulta fiscalmente conveniente, perché anche il contratto definitivo, che verrà stipulato successivamente godrà del regime fiscale agevolato previsto per gli atti di trasferimento di immobili finalizzati allo scioglimento della comunione tra coniugi conseguente alla separazione (cfr. Cass. 3 dicembre 2001 n. 15231 ).

Gli accordi in esame per essere validi devono essere strutturalmente collegati alla definizione della crisi coniugale e non soltanto essere conclusi in occasione di essa, per cui contratti aventi una causa tipica (ad esempio, donazione, vendita) non potrebbero essere contenuti nel verbale di separazione. Un limite alla validità di tali accordi è rappresentato dall'art. 160 c.c., per cui gli sposi non possono derogare a diritti e doveri nascenti dal matrimonio.

Gli accordi dei coniugi producono effetti solo dopo l'omologazione

Gli accordi conclusi dai coniugi in sede di separazione aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili da un coniuge all'altro hanno – come già detto - natura contrattuale; tuttavia, non producono effetti fintanto che non siano omologati.

Se, infatti, l'accordo per il trasferimento di un bene immobile a favore di un coniuge al fine di assicurarne il mantenimento è inserito nel verbale d'udienza (redatto da ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato), assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c., e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo l'omologazione che lo rende efficace, titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c., senza che la validità di trasferimenti siffatti sia esclusa dal fatto che i relativi beni ricadono nella comunione legale tra coniugi (cfr. Cass. 15 maggio 1997 n. 4306 ).

La Suprema Corte ha, peraltro, recentemente ribadito (cfr. Cass. 25 ottobre 2019, n. 27409 ), che gli accordi di separazione personale tra coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali concernenti beni mobili o immobili, hanno effetti immediatamente traslativi della proprietà ed il verbale nel quale sono trasfusi costituisce, dopo l'omologazione, titolo per la trascrizione.

Il tribunale è chiamato, tuttavia, a controllare le pattuizioni con cui i coniugi hanno disposto i trasferimenti immobiliari, ma, si tratta di un controllo di legalità: l'accordo non deve, difatti, essere contrario alle norme imperative, ai principi di ordine pubblico e al buon costume (cfr. Cass. 24 luglio 2018, n. 19540 ).
Il tribunale può, comunque, rifiutare l'omologazione ove emerga la nullità dell'atto di trasferimento, o un contrasto con l'interesse dei figli minori.

È da rilevare, tuttavia, che il tribunale non ha alcun obbligo di verifica, cioè non deve controllare se sono corretti i dati catastali dell'immobile o l'effettiva titolarità del bene trasferito, o l'esistenza di oneri e vincoli; non è, infatti, preclusa l'omologabilità degli accordi di trasferimento di immobili, se le parti forniscono, con proprie autocertificazioni e assunzione di ogni responsabilità, i dati e le dichiarazioni necessarie per legge all'attuazione del trasferimento immobiliare (App. Milano 12 gennaio 2010).

La Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito l'efficacia reale degli accordi di trasferimento

La Suprema Corte, recentemente, pronunciandosi a Sezioni Unite ( Cass., Sez. Unite, 29 luglio 2021, n. 21761 ) si è espressa stabilendo l'efficacia reale degli accordi sul trasferimento di immobili in sede di separazione personale dei coniugi o divorzio ed ha enunciato i seguenti principi di diritto: "sono valide le clausole dell'accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d'udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della l. n. 898/1970, art. 4 comma 16, che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l'omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l'attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla l. n. 52/1985, art. 29, comma 1-bis; non produce nullità del trasferimento, il mancato compimento, da parte dell'ausiliario, dell'ulteriore verifica circa l'intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari".

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*A cura del Prof. Avv. Giancarlo Cerrelli