Civile

L’ente proprietario della strada può ridurre i limiti di velocità sotto la “soglia” prevista dal Codice

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di Mario Finocchiaro

A norma dell'articolo 142, comma 2, del vigente codice della strada, l'ente proprietario della strada può fissare, prevedendo la relativa segnalazione, limiti di velocità minimi in deroga a quelli previsti dal precedente comma, allorché l'applicazione al caso concreto dei criteri indicati da quest'ultimo renda opportuna la determinazione di limiti diversi, seguendo le direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. In particolare, a norma del punto 2.2. della direttiva 24 giugno 2006 prot. 777 – nel testo vigente alla data del 21 maggio 2008 – è legittima la apposizione, da parte dell'ANAS, su una strada extraurbana del limite massimo di velocità di 80 km/h, in presenza di deformazioni del piano viabile, tali da determinare pericoli per la circolazione a velocità elevate, che non siano occasionali ma richiedano la esecuzione di lavori di rafforzamento della pavimentazione con eliminazione delle deformazioni. In una tale eventualità l'abbassamento del limite di velocità (da 110 Km/h a 80 km/h) funzionale a non consentire velocità incompatibili con le condizioni della strada, lungi dall'essere viziato per violazione di legge o eccesso di potere(come si invoca nella specie da parte del ricorrente) diviene addirittura doveroso. Lo precisa la corte di Cassazione con l’ordinanza 10684/2015.

Il caso - Dolendosi il ricorrente che nella specie l'ANAS aveva posto, su una strada extraurbana, il limite di velocità di 80 km/h in violazione di legge e della direttiva ministeriale, non sussistendo nel caso concreto alcun reale pericolo per la circolazione, sì che era sufficiente l'apposizione di un segnale di pericolo, la S.C. ha confermato la statuizione dei giudici di merito che avevano – di contro – accertato che il piano viabile poteva definirsi un percorso di guerra, estremamente pericoloso per la circolazione a velocità elevate, ossia fino a 110 km/h. Pacifico quanto precede è opportuno – peraltro – evidenziare che la Suprema Corte si è – totalmente prescindendo dai propri precedenti – posta in contrasto con una giurisprudenza, anche a Sezioni Unite , assolutamente non controversa. In molteplici occasioni, in particolare, negli anni passati, è stato affermato il diverso principio secondo cui, da un lato, in materia di sanzioni amministrative relative alla circolazione stradale, gli enti proprietari delle strade hanno facoltà discrezionale di fissare, provvedendo anche alla relativa segnalazione, limiti di velocità minimi e massimi diversi da quelli fissati con carattere generale dall'articolo 142 del codice della strada in riferimento a determinate strade o tratti di strada ed in considerazione dello stato dei luoghi, purché entro i limiti massimi di velocità dettati dall'articolo 142, primo comma, del codice della strada, dall'altro, l'esercizio di tale facoltà discrezionale non è sindacabile in sede giurisdizionale (Cassazione sentenze 12 giugno 2007 n. 13698 e sezioni unite 13 marzo 2012 n, 3936). Apparentemente nel senso della pronunzia in rassegna, comunque, per l'affermazione che giudice ordinario, nel giudizio di opposizione avverso ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria amministrativa, può sindacare sotto il profilo della legittimità, al fine della sua eventuale disapplicazione, il provvedimento cosiddetto presupposto, e cioè quello integrativo della norma la cui violazione è stata posta a fondamento di detta sanzione, ma tale sindacato tuttavia, anche sotto il profilo dell'eccesso di potere, deve restare circoscritto alla legittimità, Cassazione, sentenza 24 gennaio 2013 n. 1742 ove la precisazione, altresì che il verbale di contestazione della violazione di norme del codice della strada costituisce non un atto discrezionale, ma un accertamento, il quale è sottoposto al controllo giurisdizionale soltanto al fine di stabilire se sussistono le condotte attestate (sia nella loro materialità, sia nella loro riconducibilità ad una norma che le sanziona), a prescindere da ogni discrezionalità rispetto alla quale possa ammissibilmente configurarsi un'eccezione di sviamento di potere e che in base all'enunciato principio ha dichiarato manifestamente infondato il motivo di ricorso che denunciava la mancata motivazione del giudice di merito in ordine alla sussistenza di un vizio di eccesso di potere da parte dei verbalizzanti, in quanto animati dall'intento di infliggere al contravventore la decurtazione del maggior numero possibile di punti dalla patente di guida. Per altri riferimenti, nel senso che in tema di violazioni del codice della strada, è onere del trasgressore, che proponga, avverso l'atto di accertamento della contravvenzione, opposizione fondata sulla asserita illegittimità del segnale stradale indicante la norma di comportamento violata (nella specie, limite di velocità), dedurre le ragioni di tale illegittimità - e, quindi, della sussistenza delle condizioni per l'esercizio del potere di disapplicazione del giudice ordinario - e non già onere dell'Amministrazione dimostrare la legittimità del relativo provvedimento, che, adottato dall'ente proprietario della strada ai sensi dell'articolo 14, primo comma, lettera c), del codice della strada, si presume conforme a legge, Cassazione, sentenza 27 gennaio 2004 n. 1406.

Sempre in argomento si è affermato, altresì, da un lato, che la mancanza di particolari limiti di velocità fissati, ai sensi dell'articolo 142, comma 2, del Dlgs 30 aprile 1992, n. 285, dall'ente proprietario della strada non implica che su di essa non sia imposta alcuna limitazione di velocità, giacché, in tal caso, trovano applicazione i limiti di velocità massimi stabiliti dal comma 1 dello stesso articolo 142 e, dunque, ove si tratti di strada in centro abitato, il limite di 50 km/h (Cassazione, sentenza 22 febbraio 2010 n. 4242), dall'altro, che il principio di tipicità posto a fondamento della disciplina sulla segnaletica stradale comporta che un determinato obbligo (o divieto) di comportamento è legittimamente imposto all'utente della strada solo per effetto della visibile apposizione del corrispondente segnale specificamente previsto dalla legge. In particolare, per potersi ritenere in capo agli automobilisti un dovere di comportamento di carattere derogatorio rispetto ai principi generali in tema di circolazione veicolare, è necessario il perfezionamento di una fattispecie complessa, costituita da un provvedimento della competente autorità impositiva dell'obbligo (o del divieto) e dalla pubblicizzazione di detto obbligo attraverso la corrispondente segnaletica predeterminata dalla legge, con la conseguenza che la conoscenza del provvedimento amministrativo acquisita aliunde dall'utente è del tutto inidonea a far sorgere qualsivoglia obbligo specifico nei suoi confronti, costituendo la segnaletica stradale non una forma di pubblicità-notizia del comportamento imposto, bensì un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui l'obbligo stesso scaturisce (Cassazione, sentenza 13 febbraio 2009 n. 3660, che ha confermato la sentenza con la quale il giudice di pace aveva accolto l'opposizione all'ordinanza - ingiunzione per violazione del limite di velocità, osservando che, da un lato, mancava la segnaletica indicante tale limite e, dall'altro, non risultava che esso derivasse da una norma di carattere generale applicata nel territorio comunale).

Corte di Cassazione - Sezione VI-2 - Ordinanza 22 maggio 2015 n. 10684

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