Professione e Mercato

L’equo compenso entra nel Codice deontologico, sanzioni leggere per le violazioni

Il Cnf ha approvato una nuova norma deontologica che prevede la censura per i compensi ingiusti e l’avvertimento per la mancata informativa al cliente

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di Francesco Machina Grifeo

Il Consiglio Nazionale Forense (nella seduta del 23 febbraio scorso) ha dato il via libera alla nuova norma deontologica in materia di equo compenso, prevista dalla legge 49 del 2023. L’obiettivo della legge, si legge in una nota del Cnf, è quello di garantire che gli avvocati ricevano un adeguato compenso per la loro attività professionale, contrastando al tempo stesso il fenomeno delle parcelle troppo basse o addirittura gratuite.

Il testo del nuovo articolo 25-bis è stato elaborato dalla Commissione Deontologica del Consiglio Nazionale Forense, approvato in prima battuta dal CNF nell’ultima seduta amministrativa del 2023, inviato in consultazione ai Consigli dell’Ordine degli avvocati per la necessaria consultazione e infine approvato in via definitiva, con anche alcune integrazioni emerse, dal Consiglio nazionale forense nella seduta amministrativa di venerdì scorso.

L’avvocato, secondo la nuova norma del codice deontologico forense, non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta, e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.

La violazione comporta l’applicazione in sede disciplinare della censura, e, nei casi in cui l’avvocato stipuli una qualsiasi forma di accordo con il cliente, la norma richiede l’obbligo ad avvertire per iscritto il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare i criteri stabiliti dalla legge, pena la nullità della pattuizione. La violazione di questa seconda disposizione normativa comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Sulle sanzioni soft si diffonde lo stesso Cnf. “Trattandosi di illeciti che presentano una lesività diversa - si legge nella Relazione di accompagnamento al testo - , è stata proposta la sanzione minima dell’avvertimento in caso di violazione dell’obbligo di comunicazione, ed una sanzione più grave (la censura) nel caso in cui l’avvocato viola in modo sostanziale la normativa sull’equo compenso accettando compensi inferiori ai parametri forensi (vedi comma 3)”.

“La tenuità delle misure delle sanzioni - prosegue - tiene conto del dibattito emerso durante i lavori preparatori della legge n. 49, laddove è stato evidenziato che il professionista che accetta un compenso iniquo è già in qualche modo una vittima di un cliente “forte”, e non andrebbe ulteriormente vessato da obblighi e/o sanzioni”.

“Per altri versi – ed è questa la ragione per cui è prevalsa alla fine la previsione legale degli illeciti deontologici – non prevedere rilievo disciplinare per i contegni illeciti avrebbe rischiato di minare la effettiva precettività delle norme. Ed inoltre, l’argomento del rilievo disciplinare ben può essere utilizzato, dall’avvocato, nelle trattative con i clienti “forti”, per sottrarsi alle pressioni più spinte, ed ottenere magari condizioni contrattuali più vantaggiose.

Le modifiche al codice deontologico degli avvocati entreranno in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, completando l’iter previsto dall’ordinamento forense.

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