L'incensuratezza del reo non basta a garantire la circostanza attenuante
Nel caso concreto la Cassazione fa riferimento alla gravità del fatto commesso e all'assenza di qualsivoglia resipiscenza
Il giudice può negare le circostanze attenuanti in funzione della gravità del reato commesso senza che sia sufficiente lo stato di incensuratezza dell'indagato. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 8975/23. Venendo ai fatti due società hanno ottenuto l'ingiusto profitto eseguendo trasporti di rifiuti senza aver partecipato a gara pubblica (alterando così la concorrenza) e con modalità produttive negative per l'integrità dell'ambiente tali da impedire il controllo da parte dei soggetti preposti sull'intera filiera dei rifiuti. Le parti - a seguito della condanna penale in appello - hanno lamentato in sede di legittimità il diniego dell'attenuante di cui all'articolo 62-bis del cp. Il motivo d'appello è stato considerato inammissibile. Secondo un orientamento di Cassazione, infatti, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'articolo 62-bis, disposta con il Dl 23 maggio 2008 n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato. Inoltre il giudice può escludere la concessione delle attenuanti generiche anche da circostanze o da elementi circostanziali, che, pur non contestati, rilevano in quanto espressione della complessiva condotta posta in essere dal reo e della sua personalità, oggetto di necessaria considerazione. Nel caso di specie il motivo di ricorso appare del tutto generico non confutando le argomentazioni della Corte di merito e risultando la motivazione dei giudici di secondo grado del tutto adeguata, laddove fa riferimento alla gravità del fatto commesso e all'assenza di qualsivoglia resipiscenza.