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L'interesse ad impugnare la delibera formalmente viziata coincide con la rimozione della difformità

Lo ha precisato il tribunale di Roma con al sentenza 19191/2023

di Fulvio Pironti

L'interesse ad agire, condizione richiesta per l'annullamento di una delibera assembleare condominiale affetta da vizi formali, non è subordinato alla prova di uno specifico interesse diverso da quello che tende alla rimozione dell'atto impugnato. E' l'importante precisazione resa dal Tribunale di Roma con sentenza del 30 dicembre 2022, n. 19191.

Il caso
Un condomino impugna la delibera assembleare sostenendo di aver ricevuto la convocazione quattro giorni antecedenti alla prima adunanza. Chiede l'annullamento assumendo violato il termine di cinque giorni. Il condominio eccepisce la carenza di interesse ad agire dell'impugnante in uno alla assenza di prova del danno sofferto.

La decisione
Il decidente capitolino accoglie l'impugnazione e annulla la delibera in quanto formalmente viziata. Il ritardato recapito della convocazione comporta l'inosservanza dell'articolo 66, comma 3, disp. att. c.c. secondo cui deve essere comunicata almeno cinque giorni prima della data fissata per l'assemblea in prima convocazione. L'intempestiva trasmissione rende annullabile il deliberato. La norma si coniuga con l'articolo 1136, comma 6, c.c. il quale prevede che l'assemblea non possa deliberare se tutti i condòmini non sono stati invitati. Il condomino deve essere tempestivamente notiziato della convocazione affinché intercorra un congruo lasso temporale per prepararsi all'assemblea. Nella fattispecie, l'impugnante, assente all'assemblea, ha prodotto la raccomandata contenente l'avviso ricevuto tardivamente.

L'interesse ad agire
L'eccezione di carenza di interesse ad agire sollevata dal condominio quale precondizione per la valida azione di annullamento è risultata infondata e, conseguentemente, la delibera annullata. Il giudice rammenta che le patologie deliberative si snodano in due gruppi di censure, vizi formali e sostanziali. La giurisprudenza ha elaborato al riguardo due direttrici complementari.
La prima, entro cui si raggruppano le critiche ai vizi formali, chiarisce che la legittimazione ad agire, attribuita dall'articolo 1137 c.c. ai condòmini assenti e dissenzienti, non è subordinata alla prova di uno specifico interesse diverso da quello volto alla rimozione dell'atto impugnato. L'interesse ad agire, richiesto come condizione dell'azione di annullamento, è costituito dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le delibere assembleari condominiali. E' in re ipsa e coincide con l'interesse a rimuovere l'atto viziato essendo diritto di ogni condomino a vedere rispettate tutte le fasi del procedimento assembleare.
La seconda, sottolinea che l'interesse ad agire costituisce un presupposto imprescindibile senza il quale l'azione risulterebbe inammissibile. Al fine di un corretto utilizzo dello strumento processuale, è necessario che la presenza di un interesse concreto oltrepassi la violazione normativa. Tale linea interpretativa è riferita alle sole ipotesi di violazioni sostanziali per le quali è necessario che l'impugnante sia portatore di un interesse concreto diretto a conseguire vantaggi effettivi. Occorre, perciò, avere un interesse reale e un vantaggio tangibile che potrebbe scaturire dalla pronuncia o la presenza di un danno derivante dalla delibera viziata.
L'interesse all'azione è un pilastro fondante nell'ordinamento processuale. In ogni giudizio è rilevante l'analisi del presupposto sul quale si fonda la domanda: se sia corroborata dall'interesse a conseguire un provvedimento al fine di evitare di subire un danno ingiusto, ovvero a conseguire un vantaggio. L'articolo 100 c.p.c si applica considerando l'utilità concreta che la parte può vedersi riconosciuta dall'accoglimento della pretesa vantata. In definitiva, il giudice ha respinto l'eccezione in quanto il condomino aveva impugnato la delibera censurando un vizio formale (l'intempestiva trasmissione dell'avviso di convocazione) per il quale l'interesse è in re ipsa.

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