L’iter/Due anni al curatore per chiudere l’attivo
Le novità del decreto si inquadrano nell'ottica di ipotizzare una riduzione dei tempi delle procedure di fallimento ed è proprio in questa stessa ottica che si inserisce anche la modifica di alcune parti dell'articolo 104-ter della legge fallimentare che disciplina i tempi per la predisposizione del programma di liquidazione da parte del curatore che deve essere formato, in ogni caso e al più tardi, non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento comportando il mancato rispetto di tale termine una giusta causa di revoca del curatore.
Programma di liquidazione - Giusta causa di revoca del curatore è anche il mancato rispetto del termine dei due anni dal deposito della sentenza dichiarativa di fallimento entro il quale deve essere completata la liquidazione dell'attivo.
È fatto salva la possibilità da parte del curatore, limitatamente però a determinati cespiti dell'attivo, di individuare nel programma di liquidazione un termine maggiore di quello biennale, sempre che lo stesso motivi specificatamente in ordine alle ragioni che giustificano tale maggior termine.
In tal caso l'indicazione del curatore verrà valutata dal comitato dei creditori cui spetta la valutazione finale circa la giustificabilità della previsione di un termine maggiore riferibile giammai all'intera attività liquidatoria ma a beni specificatamente individuati o in relazione a diritti oggetto di controversie pendenti.
Per tali finalità acceleratorie il curatore può essere autorizzato dal giudice delegato a essere coadiuvato nella vendita dei beni anche da società specializzate.
La norma appare di difficile applicazione pratica o più precisamente prima facie appare difficile rispettare la obbligatoria previsione del termine biennale senza che lo stesso non venga sistematicamente sforato ma la finalità di favorire l'accelerazione delle procedure induce a suggerire l'applicazione di tutti gli istituti giuridici idonei a favorire il rispetto di tale disposizione e nel contempo mediare, di volta in volta, la previsione di tale disposizione con il caso concreto all'attenzione degli organi fallimentari.
Sarà quindi evidente immaginare il richiamo a tutte le disposizioni contenute nel codice di procedura civile, come modificate dal decreto legge in esame che sono da ritenere applicabili in quanto compatibili con la disciplina della liquidazione dell'attivo fallimentare e precisamente che rendono più efficace ed efficiente la vendita dei beni mobili e immobili acquisiti all'attivo.
I problemi di coordinamento - Non pochi problemi di coordinamento però pone il nuovo articolo 2929-bis del Cc (che prevede una forma semplificata di tutela esecutiva del creditore pregiudicato da atti dispositivi compiuti a titolo non oneroso) con le norme di cui agli articoli 64 e 66 della legge fallimentare ma, ricorrendone i presupposti per l'applicabilità, la portata favorevole di tale disposizione impone uno sforzo interpretativo nel senso della compatibilità di tale norma con i rimedi previsti nella legge fallimentare (anche nell'ottica della sopra detta accelerazione della fase di liquidazione dell'attivo nelle procedure fallimentari).
Se ne ricava, allora, che ricorrendone i presupposti di cui all'articolo 2929-bis del Cc, potrà essere esercitata dal curatore l'azione esecutiva salvo opposizione (che così come strutturata presenta non pochi profili di incompatibilità con l'articolo 24 della Costituzione) che verrà iniziata secondo i criteri di competenza di cui al codice di procedura civile relativamente alla individuazione del foro dell'esecuzione forzata, anche con riferimento al giudizio di opposizione eventuale da proporre nelle forme di cui agli articoli 615 e 619 del Cpc e quindi in deroga al criterio funzionale individuato dalla legge fallimentare.
In tale solco si inserisce anche l'articolo 11 del decreto legge che integra il contenuto dell'articolo 107 della legge fallimentare stabilendo che l e vendite e gli altri atti di liquidazione possono prevedere che il versamento del prezzo possa essere rateizzato (sempre che sia compatibile con la ragionevole durata della procedura fallimentare), rinviando il legislatore all'applicazione sulla possibile vendita con incanto, sulle modalità di vendita e sull'inadempimento dell'aggiudicatario del bene e prevedendosi a carico del curatore l'obbligo di adeguate forme di pubblicità delle vendite per la massima informazione e per favorire la partecipazione degli interessati, tramite l'avviso mediante pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche del sito internet del ministero della Giustizia almeno 30 giorni prima dell'inizio delle procedure competitive.
Chiusura della procedura di fallimento - Da questo punto di vista meritano di essere affrontate le nuove disposizioni sulla chiusura della procedura fallimentare in quanto il legislatore, nel modificare l'articolo 118 della legge fallimentare, ha inteso perseguire proprio la finalità di favorire l'accelerazione delle procedure.
In pratica il legislatore, prendendo atto di un evidente dato statistico secondo cui nella maggior parte delle ipotesi la chiusura del fallimento è impedita dalla pendenza di controversie relative a diritti oggetto del patrimonio dell'impresa fallita, ha previsto la possibilità di procedere alla chiusura del fallimento per riparto dell'attivo anche in pendenza di giudizi, in relazione ai quali si prevede, una volta dichiarato chiuso il fallimento, che il curatore conserva la rappresentanza processuale anche nei successivi stati e gradi e che deve trattenere somme necessarie a coprire le spese del giudizio nonché quelle ricevute per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato.
Si prevede, quindi, la possibilità di riparti supplementari con modalità disposte dal tribunale e che le eventuali sopravvenienze dell'attivo non comportano la riapertura della procedura di fallimento.
Inoltre, quando a seguito del riparto supplementare conseguente alla chiusura di un giudizio pendente i creditori siano stati in parte soddisfatti si prevede la tardiva ammissione all'esdebitazione del fallito sempre che la richiesta venga avanzata entro un anno dalla data del riparto supplementare.
Si modifica conseguentemente anche l'articolo 120 nella parte in cui si prevede che nonostante la chiusura del fallimento la pendenza dei giudizi inerenti i rapporti patrimoniali del fallito consente la permanenza in carico del curatore e del giudice delegato, senza alcuna possibilità dei creditori di poter agire su quanto oggetto dei giudizi in corso.
Coerentemente a quanto appena previsto l'autorizzazione alla rinuncia alle liti pendenti o alla transazione delle stesse spetta, in deroga al disposto dell'articolo 35 della legge fallimentare, al giudice delegato e non al comitato dei creditori unico organo che non resta ultrattivo.
Non potranno certamente essere instaurati nuovi giudizi in considerazione della norma secondo cui la chiusura del fallimento comporta che i creditori riacquistino il libero esercizio dei propri diritti verso il debitore.
La norma, nonostante le molte perplessità sollevate dai primissimi commentatori, merita di essere segnalata con favore perché frutto di un giusto equilibrio tra contrapposte esigenze quali la tutela del credito da una parte e il rispetto della ragionevole durata della procedura fallimentare dall'altra.
Del resto non sempre si realizzano le condizioni per l'abbandono di un giudizio ovvero per l'accettazione di una proposta transattiva a saldo e stralcio e non può ammettersi una scelta obbligata per poter arrivare a una chiusura in ogni caso (si osserva che allo stato questa possibilità non è data dalla incommerciabilità del bene acquisto all'attivo fallimentare in relazione al quale, come sopra detto, vi è il concreto rischio, se si vuole rispettare il termine previsto nel programma di liquidazione, di dover seguire la strada dell'abbandono dello stesso applicando analogicamente la norma in tema di esecuzione immobiliare della previsione della chiusura anticipata del processo esecutivo quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo; articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del Cpc).
La norma è frutto di una coerenza sistematica con la precedente previsione del termine biennale per il completamento della liquidazione dell'attivo laddove la previsione di una chiusura, anche in presenza di giudizi pendenti, mira proprio ad aggirare l'ostacolo dei tempi lunghissimi necessari per lo svolgimento dei procedimenti civili di cui il fallimento è parte.