Penale

L’omicidio stradale aggravato assorbe la guida con alcol o droga

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di Guido Camera

Il conducente di un veicolo a motore che si è messo al volante con più di 0,8 g/l di alcol nel sangue, e causa un incidente con morti e/o feriti gravi, risponde unicamente delle relative fattispecie aggravate di omicidio stradale (articolo 589 bis, commi 2 e 3, del codice penale) e lesioni personali stradali gravi e gravissime (articolo 590 bis, commi 2 e 3, del codice penale), e non anche della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza (articolo 186 del Codice della strada). Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 50325 della IV sezione penale, depositata in cancelleria lo scorso 7 novembre. Discorso analogo si può fare per l’altra infrazione stradale punita penalmente che dà luogo alle fattispecie aggravate di omicidio e lesioni: la guida sotto effetto di droghe.

Alla Corte si era rivolto il conducente di un'autovettura che aveva patteggiato una pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione perchè – guidando con un tasso alcolemico oscillante tra 1,1 g/l e 1,24 g/l, e tenendo una velocità superiore al consentito – aveva causato un incidente stradale in cui erano decedute due persone, e rimaste gravemente ferite altre tre: egli lamentava la violazione del principio di specialità previsto dall'articolo 15 del Codice penale, in relazione all'accusa che gli era stata mossa, ovvero omicidio stradale e lesioni personali stradali in concorso con la fattispecie contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza.

La pena del patteggiamento era stata calcolata individuando come pena base quella prevista dal reato di omicidio stradale per uno dei due decessi, poi ridotta per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonchè aumentata, ai sensi del comma 8 dell'articolo 589 bis, per l'altra morte. Ulteriori aumenti di pena, infine, erano stati effettuati a titolo di continuazione prevista dall'articolo 81 del codice penale, sia per il reato di cui all'articolo 590 bis, sia per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza prevista dall'articolo 186 del Codice della strada.

La Cassazione ha accolto il ricorso, spiegando che l'articolo 589 bis ha introdotto nel nostro ordinamento una figura di reato del tutto nuova e autonoma, la cui condotta ha caratteristiche “specifiche e specializzanti rispetto all'omicidio colposo“, perchè prevede “ipotesi aggravate che hanno a riferimento un'articolata disciplina per chi guida in stato di alterazione alcolica o da stupefacenti”. Ne consegue, conclude la Corte, che “il fatto stigmatizzato dalla contravvenzione può dirsi assorbito dalla specifica circostanza aggravante prevista nel reato di omicidio stradale che si configura così come reato complesso” disciplinato dall'articolo 84 del Codice penale, ovvero una disposizione che «definisce e consacra un principio fondamentale del moderno ordinamento democratico e cioè quello di non addebitare più volte all'imputato lo stesso fatto storico, purchè esso sia il momento di emersione di un'unica contrapposizione cosciente e consapevole dell'individuo alle regole che disciplinano la vita dei consociati».

In vigenza della normativa precedente alla legge 41/2016, la Cassazione aveva escluso che i reati di omicidio colposo o lesioni personali colpose, aggravati dall'abuso di alcol (disciplinati dai soppressi commi 2 e 4 dell'articolo 589 del Codice penale, nonchè comma 3 dell'articolo 590) configurassero un reato complesso, sul presupposto che detti reati non configuravano una fattispecie autonoma e potevano essere commessi da qualunque utente della strada (quindi anche un pedone), mentre la fattispecie contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza solamente dal conducente di un veicolo per cui è richiesta la patente (sent. 46441/2012).

Il cambio di orientamento consegue all'introduzione delle autonome fattispecie delittuose di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime – che circoscrivono le ipotesi aggravate di abuso di alcol e droghe ai conducenti di veicoli a motore - ed è ampiamente condivisibile: sia avuto riguardo ai parametri nel tempo individuati dalla Cassazione a Sezioni unite per delineare i confini del reato complesso («affinchè si possa parlare di due norme che regolano la stessa materia, è necessario che si tratti di norme che qualifichino un identico contesto fattuale nel senso che una delle suddette comprenda in sè gli elementi dell'altra oltre ad uno o più dato specializzanti», sentenza 23427/2001), sia alla chiara intenzione del legislatore del 2016 di assegnare allo stato di ebbrezza del conducente di un veicolo a motore, che causi un incidente con morti e/o feriti, il ruolo di elemento tipizzante, in senso negativo, della condotta di guida.

In questo senso conforta una lettura sistematica della legge 41, che ha modificato anche le norme del Codice della strada che disciplinano il ritiro della patente in conseguenza di ipotesi di un reato stradale. Infatti, non è un caso che il nuovo articolo 223 preveda la sospensione provvisoria della patente di guida disposta dal Prefetto fino al massimo di due anni per il reato di guida in stato di ebbrezza, e che il periodo salga a cinque anni – che diventano dieci dopo la sentenza di condanna non definitiva - nel caso in cui «sussistano fondati elementi di un'evidente responsabilità» a carico del conducente di un veicolo a motore in ordine ai reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime, aggravati dall'abuso intermedio o grave di alcol.

Chiaro il senso di questa differenziazione di trattamento cautelare, legato alla natura di elemento specializzante (in negativo) della guida in stato di ebbrezza, sottolineato dalla Cassazione nella sentenza in commento: anche con riferimento alle condizioni che legittimano la sospensione cautelare della patente, l'assunzione di alcol non è più solamente un indice di pericolo per gli altri utenti della strada, perchè si è già dimostrata anche una vera e propria fonte di danno. Il conducente che ha provocato anche la morte o il ferimento grave della vittima di un incidente, infatti, ha manifestato una maggiore pericolosità a causa della minore attenzione dimostrata verso le più elementari regole di cautela e prudenza della circolazione stradale, che impongono di mettersi alla guida solamente in condizioni psicofisiche ottimali. Dunque il periodo di sospensione cautelare della sua patente può essere ben più lungo.

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