Responsabilità

La banca non deve risarcire l'investitore imprudente per il danno causato dal promotore finanziario

È esclusa la responsabilità dell'Istituto a fronte di condotte incaute ed agevolatrici del danneggiato, che abbiano le caratteristiche di collusione o, comunque, di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole che sono imposte al promotore, il quale rimane l'unico responsabile per il risarcimento

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di Vittorio Provera*

L' istituto di credito non risponde dei danni subiti dal proprio cliente a seguito di un'operazione di investimento attuata dal promotore finanziario dell'istituto, allorché il danneggiato abbia tenuto una condotta agevolatrice, caratterizzata da elementi di anomalia integranti se non una collusione, quanto meno una c onsapevole acquiescenza alla violazione di regole gravanti sul promotore.

Il principio è stato recentemente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione pronuncia numero 13521 del 17 maggio 2023 .

La vertenza era stata avviata da un risparmiatore che aveva citato in giudizio, avanti al Tribunale di Chiavari, sia il promotore finanziario che l'istituto di credito, chiedendo la condanna di entrambi al risarcimento del danno derivante da un pessimo investimento effettuato dall' attore.

Il Tribunale riconosceva la responsabilità del solo promotore finanziario, ponendo a carico del medesimo il ristoro del pregiudizio ed escludendo, tuttavia, il coinvolgimento della banca. La sentenza era confermata in appello, con la conseguenza che solo il promotore finanziario era tenuto a farsi carico del danno. Era quindi promosso dal cliente ricorso avanti alla Suprema Corte, introducendo come motivo di censura la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2049 codice civile, in base al quale il datore di lavoro è responsabile per i danni arrecati da fatti illeciti commessi da loro dipendenti nell'esercizio delle incombenze ai medesimi affidati.

Più precisamente, il ricorrente aveva sostenuto che la responsabilità della banca sussiste ogni qualvolta il fatto lesivo sia stato prodotto, o quantomeno agevolato, da un comportamento riconducibile alla condotta lavorativa del dipendente e, quindi, "anche se questi abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie mansioni o abbia agito all'insaputa del suo datore di lavoro, sempre che sia rimasto comunque nell'ambito dell'incarico affidato".

Detta prospettazione, tuttavia, è stata respinta dai Giudici di legittimità, avendo i medesimi dato rilevanza a due elementi significativi: la relazione fiduciaria esistente tra l'investitore ed il promotore ed inoltre la condotta gravemente incauta del cliente "segnata da anomalie percepibili da chiunque abbia una minima pratica di rapporti bancari", anomalie che avrebbero quindi dovuto indurre lo stesso ad assumere un atteggiamento di maggiore prudenza.

Proprio dette circostanze sono alla base del principio statuito dalla Corte in base al quale, pur se in linea generale gli istituti di credito rispondono dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento di incombenze loro affidate, quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all'esercizio delle mansioni, deve escludersi detta responsabilità a fronte di condotte incaute ed agevolatrici del danneggiato, che abbiano le caratteristiche di collusione o, comunque, di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole che erano imposte al promotore, il quale rimane l'unico responsabile per il risarcimento.

Sotto altro profilo è stata respinta anche l'ulteriore censura secondo la quale, in sede di merito, sarebbe stata trascurata la valutazione della condanna penale pronunciata nei confronti del promotore finanziario comprensiva anche del ristoro del pregiudizio, condanna che avrebbe dovuto comportare che il danno potesse considerarsi provato anche nei confronti dell'istituto di credito.

Sul punto, ancora una volta la Corte ha statuito come il comportamento di rilevanza penale del preposto, in presenza di condotte anomale del risparmiatore, giustifichi l'estraneità della banca al fatto del promotore, interrompendo così il nesso causale ed escludendo la responsabilità dell'istituto. Si tratta, dunque, di una pronuncia che pone in rilievo la rilevanza di condotte superficiali ed incaute degli investitori che compromettono le possibilità di riconoscimento di pretese risarcitorie verso la banca.

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*A cura dell' avv. Vittorio Provera, Trifirò & Partners Avvocati

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