Famiglia

La casa va all’ex con i figli ma fa ridurre l’assegno

Vanno considerati i risvolti economici dell’assegnazione

di Giorgio Vaccaro

Nelle famiglie divise, l’assegnazione della casa familiare è un provvedimento distinto da quelli strettamente economici e viene disposta in considerazione delle esigenze dei figli. Tuttavia, si tratta di una decisione che ha risvolti di carattere economico, che possono giustificare la riduzione, o almeno la rivalutazione, dell’assegno a carico del genitore a cui la casa non è attribuita. Lo ha chiarito la Cassazione che, con l’ordinanza 33606 dell’11 novembre scorso, ha accolto parzialmente il ricorso presentato da un padre contro la sentenza della Corte d’appello: quest’ultima aveva confermato l’affidamento condiviso dei figli a entrambi genitori ma aveva stabilito che convivessero con la madre nella casa familiare a lei assegnata (superando la decisione del Tribunale di “collocarli” a settimane alterne presso i genitori) e aveva mantenuto in capo al padre l’onere di contribuire al loro mantenimento.

Il padre ha contestato, in primo luogo, la collocazione presso la madre e l’assegnazione a lei della casa familiare. Ma la Cassazione ricorda che l’assegnazione della casa costituisce una tutela specifica dell’interesse dei figli della coppia a una serena crescita e la decisione, se è stata coerentemente motivata dal giudice di merito, non può essere rivista in sede di legittimità. Questo perché ogni questione di affidamento è rimessa alla prudente valutazione del giudice del merito e se motivata esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di giudizio di Cassazione.

La Suprema corte accoglie invece il secondo motivo di ricorso con cui il padre ha contestato, a seguito dell’assegnazione della casa alla sua ex, la mancata revisione dell’assegno di mantenimento per i figli da lui pagato. La Cassazione specifica che l’assegnazione della casa coniugale (o familiare nel caso di coppie di fatto) non può costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole. Di conseguenza, secondo i giudici, la Corte d’appello avrebbe dovuto, d’ufficio, procedere alla rivalutazione del contributo di mantenimento a carico del padre fissato in primo grado, perché l’assegnazione della casa ha precisi risvolti economici. La decisione di merito ha quindi violato, come si legge nell’ordinanza della Cassazione, «l’articolo 337-sexies del Codice civile, che prevede che dell’assegnazione della casa familiare il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori considerato l’eventuale titolo di proprietà». Questo principio, chiarisce la Cassazione, «concretizza lo stretto legame tra l’assegnazione della casa familiare e i rapporti economici, per cui è ragionevole affermare che l’assegnazione della casa familiare, oltre un capo di sentenza a sé, costituisce anche parte del capo relativo alle disposizioni di carattere economico, o comunque che i due capi sono così strettamente connessi che la modifica dell’uno, se non implica necessariamente che sia modificato anche l’altro, ne richiede quantomeno una specifica e puntuale riconsiderazione anche d’ufficio».

La Suprema corte cassa quindi la decisione d’appello su questo punto, con il rinvio al giudice territoriale in diversa composizione.

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