La Cassazione chiarisce il carattere “esplorativo” della Ctu in materia bancaria
Con una recente sentenza (n° 5091/2016) la Suprema Corte di Cassazione torna sul tema della consulenza tecnica d'ufficio in materia bancaria, offrendo utili ed importanti indicazioni in ordine alle circostanze ed agli elementi che escludono che possa essere considerata meramente “esplorativa” e dunque inammissibile. Si tratta di un aspetto di fondamentale importanza, posto che normalmente il consulente tecnico d'ufficio (fatto salvo il consenso delle parti) dovrebbe basare la propria attività sulla documentazione ritualmente prodotta anche per non determinare l'inversione dell'onere della prova tra le parti.
Non sempre, però, risulta agevole individuare il confine, considerando che, da una parte, vi è certamente l'esigenza di garantire il rispetto di tale principio, legato anche alla circostanza che le osservazioni del consulente tecnico devono fondarsi sugli stessi elementi che utilizzerà il giudice per la decisione finale, ma, dall'altra parte, può essere richiesta una particolare competenza tecnica per lo stesso accertamento dei fatti.
In tale contesto, si inserisce la pronuncia indicata, che afferma che non può considerarsi “esplorativa” la consulenza tecnica richiesta da una delle parti sulla base di una produzione documentale (ancorché incompleta e limitata ad alcuni periodi), dal momento che il giudice, per escluderne l'ammissibilità alla luce della sua natura esplorativa, deve prima dimostrare che la documentazione esibita sarebbe comunque irrilevante.
Pertanto, nell'ambito del contenzioso bancario, non può giustificare il diniego della consulenza tecnica l'insufficienza di una documentazione rilevante, se il materiale prodotto è in grado di attestare l'esistenza dei conti correnti ancorché in assenza delle condizioni regolative (contratto di accensione).
Di conseguenza, non può essere censurata, sotto tale profilo, la consulenza tecnica orientata a ricostruire l'andamento di rapporti contabili non controversi nella loro esistenza, potendosi qualificarsi come esplorativa la consulenza tecnica finalizzata alla ricerca di fatti, circostanze o elementi non provati dalla parte che li allega.
Sulla base di tale ragionamento, quindi, la Suprema Corte non ha quindi condiviso il comportamento del giudice di merito che ha effettuato semplicemente, ai fini dell'ammissibilità della consulenza tecnica, una valutazione quantitativa (legata all'«insufficienza») e non qualitativa (legata alla «irrilevanza») della documentazione disponibile agli atti.
Copia della documentazione - A corroborare ulteriormente tale conclusione, secondo la pronuncia, rilevano altresì le indicazioni riportate nel Dlgs 385/1993 recante il Testo Unico in materia bancaria, che riconoscono (articolo 109) al cliente il diritto di ottenere copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.
Disposizione che, proprio la giurisprudenza, ha interpretato in senso favorevole al cliente, potendo quest'ultimo – al fine di ottenere tale documentazione – semplicemente limitarsi a comunicare alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentire l'individuazione dei documenti richiesti, senza specificare puntualmente gli estremi del rapporto.
Nella stessa direzione del resto, rileva la disciplina legata all'ordine di esibizione della documentazione (articolo 210 Cpc) che non può parimenti essere richiesta per fini meramente esplorativi, dovendo la parte istante fornire adeguata prova non solo del documento in sé ma anche della rilevanza rispetto agli esiti del giudizio.
I precedenti - Va detto, infine, che già in passato la Suprema Corte di Cassazione (si veda la pronuncia delle Sezioni Unite n° 9522/1996) aveva allentato la rigidità di un'impostazione eccessivamente rigorosa, soprattutto laddove l'accertamento di talune situazioni di fatto presupponga la disponibilità di adeguate e specifiche competenze (non essendo rilevabili sulla base della comune percezione del giudice) che possono essere acquisite esclusivamente attraverso la consulenza tecnica d'ufficio.
In questo caso, infatti, è stato ritenuto possibile conferire al Ctu l'incarico non solo di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma altresì di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), essendo semplicemente necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche.
Corte di Cassazione - Sezione I civile - Sentenza 15 marzo 2016 n. 5091