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La Cassazione definisce quando scatta l'appropriazione indebita o il furto per la sottrazione di energia elettrica in un condominio

Si distingue se la sottrazione di energia avviene tramite gli impianti comuni o se è deviata ad uso esclusivo nell'appartamento del condomino

di Marina Crisafi

Scatta il reato di furto per la sottrazione dell'energia elettrica in condominio se la stessa è deviata ad uso esclusivo nell'appartamento del condomino. Diversamente, se utilizzata tramite gli impianti comuni, e dunque teoricamente in possesso di tutti i condomini, è integrata l'appropriazione indebita. A fare chiarezza sul punto è la quinta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 117/2022.

La vicenda
Nella vicenda, una condomina veniva condannata per il reato di furto aggravato dall'uso del mezzo fraudolento per avere sottratto energia elettrica al condominio nel quale abitava, allacciandosi all'interruttore della forza motrice dell'ascensore. In appello, alla donna venivano concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante e rideterminata la pena in 9 mesi di reclusione e 250 euro di multa.
L'imputata non ci sta e ricorre innanzi al Palazzaccio lamentando innanzitutto violazione della legge penale, a cagione della mancata qualificazione del fatto nell'ipotesi delittuosa di appropriazione indebita ex articolo 646 c.p.
A suo dire, infatti, l'energia elettrica sottratta era già transitata dal contatore che registrava i consumi del condominio ed essa, pertanto, apparteneva all'imputata e pro quota spettava anche a lei, che ne aveva il possesso come gli altri condomini.

Furto e non appropriazione indebita
Per gli Ermellini, tuttavia, la donna ha torto.
Il collegio, infatti, pur premettendo di non ignorare l'orientamento espresso in passato, intende condividere e dare continuità al principio espresso di recente, secondo cui "va qualificata come furto e non come appropriazione indebita la condotta del condomino il quale, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessi ad uso della propria abitazione di energia elettrica invece destinata all'alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune" (cfr. Cass. n. 10/2021).
Invero, il diverso principio di diritto richiamato dall'imputata, secondo cui "integra il reato di appropriazione indebita, la condotta del condomino il quale, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessa di energia elettrica destinata all'alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune, si fonda sul presupposto che in ipotesi quale quella in discorso l'energia oggetto materiale della condotta sia nel possesso di tutti i condomini - compreso chi se ne appropria - ciascuno dei quali [può] consumarla ed utilizzarla al di fuori della stretta sorveglianza degli altri condomini (esercitando, quindi, quel potere di fatto che costituisce il discrimine fra il delitto di furto e quello di appropriazione indebita)" (cfr. Cass. n. 57749/2017).

Autonomo potere dispositivo o sottrazione?
Ad avviso della Corte, tuttavia, deve considerarsi che l'energia su cui ciascun condomino ha un autonomo potere di fatto - esercitato al di fuori del controllo altrui - ossia quell'«autonomo potere dispositivo» in presenza del quale la condotta di indebita fruizione per costante giurisprudenza deve essere qualificata come appropriazione indebita e non come furto – "è soltanto quella che transitando attraverso il contatore serve in concreto gli impianti condominiali".
Laddove, invece, "il condomino (o il conduttore) ponga in essere una condotta che distoglie (devia) il flusso dell'energia che è transitato dal contatore, di guisa che essa alimenti (soltanto) gli apparecchi e gli impianti propri, non esercita il potere dispositivo che anche a lui (come agli altri condomini o conduttori) è attribuito ma compie una sottrazione dell'energia destinata a fini condominiali (e solo entro tali limiti nella disponibilità comune) a beneficio invece del proprio consumo individuale, che - si ribadisce - esorbita dai limiti della disponibilità comune dell'energia la quale può ravvisarsi solo limitatamente al flusso effettivamente utilizzato per alimentare gli impianti comuni". In tal modo, dunque, pone in essere "quell'impossessamento dell'energia deviata, sanzionato dall'art. 624 cod. pen., conseguendo la signoria su di essa intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell'agente".

La decisione
Nulla di fatto neanche per la doglianza sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e sulla quantificazione del trattamento sanzionatorio. Per la S.C., infatti, la corte territoriale, immediatamente prima di pronunciarsi sulle circostanze attenuanti generiche, ha rimarcato l'offensività del delitto, facendo riferimento non solo alla circostanza aggravante de qua ma anche alla protrazione dell'illecito per un tempo apprezzabile e al conseguente pregiudizio per il condominio: in tal modo, dimostrando di avere considerato e sottoposto a disamina i dati che ha ritenuto significativi (ex art. 133 cod. pen.) ed apprezzando come assorbenti o prevalenti all'atto dell'esercizio del potere valutativo ad essa riservato.
Da qui il rigetto del ricorso.

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