La Cedu e le minori garanzie in tema di difesa
La Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Viola contro Italia del 5 ottobre 2006 ha ritenuto lo strumento della videoconferenza non ledere il diritto di difesa, in quanto l'imputato può seguire adeguatamente il dibattimento, salvo eventuali problemi tecnici che ne rendono difficoltoso il collegamento.
Processo a distanza e Cedu - Proprio perché la Corte europea opera sempre un giudizio di bilanciamento tra contrapposti interessi in gioco, essa potrebbe comunque intervenire, sia pure indirettamente, a censurare la nuova disciplina sull'obbligatorietà del processo a distanza.
Si pensi al caso in cui il giudice italiano applica il nuovo articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione al Cpp, con conseguente obbligatoria partecipazione virtuale del detenuto “speciale”. Si ricorre alla Corte di Strasburgo sostenendo che nel caso di specie non erano presenti esigenze di sicurezza pubblica. Se i giudici europei accolgono il ricorso finirebbero, in sostanza, nel ritenere la novella sul dibattimento a distanza in contrasto con la Cedu.
Vero è che la Corte europea giudica su casi concreti e non su norme, quindi non verifica la compatibilità della normativa italiana con la Cedu ma si limiti eventualmente a dichiarare la violazione dell'articolo 6 Cedu legata alla singola vicenda processuale sottopostale.
Quindi, per verificare gli effetti della pronuncia europea oltre il singolo caso concreto occorre compiere un secondo salto ermeneutico: dal caso deciso alla norma interna per verificare se la violazione della Cedu sia dipesa dal comportamento contra legem dell'amministrazione della giustizia o se invece la norma interna sia stata correttamente applicata.
Solo in quest'ultimo caso la reiterata violazione della Cedu potrebbe portare a una sentenza pilota o a un orientamento consolidato tale da porre in discussione la novella e costringere il legislatore ad intervenire.
Tra l'altro, si consideri che l'idea di fondo della Cedu e della sua interpretazione da parte della Corte di Strasburgo è la lettura in chiave garantistica delle sue disposizione, ossia è quella di aumentare le garanzie della persona. Mentre, invece, le norme sulla video conferenza comportano certamente un arretramento del diritto di difesa dell'imputato.
I costi della videoconferenza e l'impossibilità di collegamento per i non abbienti
A fondamento dell'interpolazione normativa sul processo a distanza sembrano ci sia l'esigenza di limitare i costi. Ma anche tale vantaggio in termini economici è più ipoteco che reale considerato che l'estensione delle necessarie strutture tecnologiche a tutti i luoghi di detenzione e a tutti i Tribunali avrà costi non indifferenti.
Al contrario, è prevedibile che la introduzione del processo a distanza, lungi dal garantire gli ipotizzati guadagni, provocherà un aumento dei costi e delle inefficienze.
Proprio nell'ottica di limitare i costi della macchina giustizia, è stato aggiunto all'articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione al Cpp il comma 4-bis che impone alle parti l'onere dei costi del collegamento a distanza, a prescindere dal titolo del reato.
In particolare, la norma prevede che «in tutti i processi nei quali si procede con il collegamento audio visivo, ai sensi dei commi precedenti, il giudice, su istanza, può consentire alle altre parti e ai loro difensore di intervenire a distanza assumendosi l'onere dei costi del collegamento».
Il legislatore non ha voluto contemperare l'ennesimo carico di spese sulle parti private, neppure con gli articoli 100 e 107 del Testo unico sulle spese di giustizia (Dpr n. 115 del 2002), in materia di patrocinio a spese dello Stato, rendendo, di fatto, il processo penale un processo per soli imputati abbienti (Rizzo).
Ruoli di udienza e priorità ai delitti contro la pubblica amministrazione - Tra le interpolazioni delle disposizioni di attuazione del codice di rito, si segnala quella apportata dal comma 74, che all'interno dell'articolo 132 delle norme attuative – in tema di formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi – si sono aggiunti, tra quelli a cui deve essere assicurata una priorità assoluta, i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione di concussione, corruzione, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio e di peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.
Tale modifica è la logica conseguenza dell'inasprimento della risposta sanzionatoria, dapprima con la legge n. 190 del 2012 e successivamente con la n. 69 del 2015 dei reati contro l'amministrazione pubblica e con il notevole allarme sociale che essi negli ultimi anni hanno assunto nella collettività.
FOCUS Dlgs 231/2001
Rubrica di aggiornamento periodico sulla responsabilità amministrativa delle società e degli enti