Penale

La coltivazione di una pianta di cannabis nel cortile dell'abitazione è solo per uso personale

Il tutto anche se dalla pianta alta 1,60 potevano ricavarsi circa 160 dosi di sostanza stupefacente

di Giampaolo Piagnerelli

La coltivazione di una piantina di cannabis nel cortile dell'abitazione, in assenza di elementi che possano dimostrare un'attività di spaccio, dimostra che della sostanza stupefacente prodotta se ne possa fare un uso esclusivamente personale. Il tutto anche se la piantina è alta 1,60 metri da cui ricavare 160 dosi di sostanza stupefacente. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 11901/23.
La Corte d'appello aveva dato torto al soggetto coltivatore della pianta. Quest'ultimo nel ricorso in Cassazione ha evidenziato come i giudici di seconde cure non avessero considerato che si trattava di cannabis sativa inoltre non avevano dato conto della potenzialità diffusiva della coltivazione, disattendendo i principi in materia di coltivazione domestica, in quanto si trattava di una sola piantina alta 1,60 metri. Quest'ultima era posizionata nel cortile dell'abitazione, in assenza di strumentazione e di accorgimenti particolari o di collegamenti con il mercato degli stupefacenti ed era pertanto desumile la destinazione a uso personale. La Corte d'appello ha, quindi, confermato la condanna del ricorrente, pur ravvisando l'ipotesi della lieve entità, ritenendo configurabile una coltivazione illecita di cannabis. A tal fine ha valorizzato la circostanza del rinvenimento di un'unica piantina posizionata in cortile esterna alta 1,60 metri con una produzione di un principio attivo, tratto da foglie e fiori essiccati, corrispondente a circa 160 dosi. Nel contempo la Corte ha dato conto dell'irrilevanza del fatto che la coltivazione artigianale/domestica fosse oggettivamente destinata a uso personale.
La Cassazione, chiamata a decidere sulla vicenda, ha rilevato come in materia ci sia un arresto delle Sezioni unite (n. 12348/19) a cui fare riferimento. Quest'ultima decisione ha valorizzato la prevedibilità della potenziale produttività quale parametro che consente di distinguere fra coltivazione penalmente rilevante, dotata di una produttività non stimabile a priori con sufficiente grado di precisione, e la coltivazione penalmente non rilevante caratterizzata da una produttività prevedibile come modestissima. Tale parametro deve essere ancorato a presupposti oggettivi in parte già individuati dalla giurisprudenza che devono essere compresenti quali: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti. Alla luce di tale orientamento la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d'appello perché il fatto non sussiste.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©