La Consulta boccia la legge lombarda su ampliamenti di agriturismi e quella siciliana sull'ultimo condono edilizio
La prima viola la necessità della cooperazione con lo Stato per adottare il piano paesaggistico la seconda travalica l'autonomia
La Corte costituzionale con la sentenza n. 251/2022, ha dichiarato illegittima la disposizione della legge della Regione Lombardia 23/2021, che - in assenza di un piano paesaggistico elaborato congiuntamente dallo Stato e dalla Regione - consentiva l'ampliamento della superficie dei fabbricati da destinare ad attività agrituristica. Il rischio di pregiudicare scelte di tutela del paesaggio che devono essere necessariamente condivise comporta la violazione della competenza statale stabilita all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Carta costituzionale.
Inoltre, i giudici costituzionali con la sentenza n. 252/2022, hanno dichiarato l'illegittimità della legge della Regione Siciliana n. 19/2021.
La legge regionale riapriva – con una norma definita di interpretazione autentica – i termini per il condono edilizio di opere abusive realizzate in aree sottoposte a taluni vincoli idrogeologici, culturali e paesaggistici. Anche tale disciplina è stata ritenuta lesiva della riserva allo Stato della tutela dell'ambiente (articolo 117, secondo comma, lettera s,della Costituzione) per il contrasto con la normativa statale di riferimento: articolo 32, comma 27, lettera d), del Dl n. 269/2003.
Il piano paesaggistico e la norma lombarda
La norma lombarda bocciata aveva innovato il criterio dell'ampliamento delle strutture agrituristiche consentendo l'ampliamento del 10% della superficie lorda di manufatti rurali da destinare a tale attività economica rispetto alla precedente versione che consentiva un dieci per cento di aumento riferito solo alla pavimentazione di aree degli dfici già destinati ad agriturismo. Aumenti che devono comunque consentire lo svolgimento delle attività agricole.
La Consulta parte dall'indiscussa prevalenza del piano paesaggistico elaborato in copianificazione da Stato e Regione e soprattutto la sua necessarietà. Il piano sottende - dice la Consulta - quel «dovere di assicurare "che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti" (articolo 135, comma 1, del Codice dei beni culturali)». E il suo imprescindibile presupposto sta nella visione d'insieme delle aree da tutelare e dei contesti più ampi dove sono inserite.
I principi di elaborazione congiunta, inderogabilità e prevalenza del piano paesaggistico si impongono, quindi, al Legislatore regionale, il quale non può né esplicitamente derogare ai vincoli della pianificazione paesaggistica, né aggirarli introducendo, in assenza del piano codeciso, previsioni atte a pregiudicare le scelte condivise di tutela che nel piano stesso troveranno necessaria espressione.
Per tutto quanto detto va affermato che la mancanza di un piano paesaggistico frutto del pieno coinvolgimento dello Stato e della Regione e l'impossibilità di trarre dalla normativa lomabarda un'interpretazione tale da far ritenere comunque operanti i vincoli paesaggistici determinano l'illegittimità costituzionale della norma regionale. L'evidente abbassamento del livello di tutela paesaggistica deriva dalla previsione che estende la possibilità di ampliamento dei fabbricati rurali (10% della superficie lorda invece che della pavimentazione) senza considerare gli effetti sul paesaggio.
L'interpretazione illegittima del condono in Sicilia
Nel dichiarare l'illegittimità costituzionale degli articoli 1, commi 1 e 2, e 2 della legge della Regione Siciliana n. 19/2021 la Consulta si è rifatta all'orientamento più volte espresso dalla Corte di cassazione penale secondo cui la legge siciliana n. 37/1985, nel recepire il primo condono edilizio, che ammetteva la sanatoria in presenza di vincoli relativi, non può prevalere sulla normativa statale sopravvenuta che disciplina, in ogni suo aspetto, il terzo condono edilizio (anch'essa recepita dalla Regione nel 2014). La Consulta non condivide perciò il diverso avviso espresso dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia col parere n. 291/2010, secondo cui, nell'ambito della Regione Siciliana, dovrebbe continuare ad applicarsi la disciplina attuativa del primo condono edilizio, prevista dalla legge n. 47/1985, preclusiva della sanatoria "solo" a fronte di vincoli di inedificabilità assoluta con esclusione della prclusione a fronte di vincoli relativi.
Ma secondo la Consulta se è vero che la disposizione regionale impugnata è espressione della competenza statutaria primaria della Regione Siciliana nelle materie dell'urbanistica e della tutela del paesaggio è pur vero che essa deve essere esercitata «senza pregiudizio» delle riforme economico-sociali, che assurgono, dunque, a limite "esterno" della potestà legislativa primaria.
Le "grandi riforme" sono quindi individuate, nel caso di specie, dal Legislatore nazionale nell'esercizio delle sue competenze esclusive in materia di ambiente. Infatti, la Corte costituzionale ha più volte affermato che - in relazione alle competenze legislative di tipo primario previste dagli statuti speciali - lo spazio di intervento affidato al Legislatore regionale, con riguardo alla disciplina del condono edilizio, è circoscritto da «quanto è immediatamente riferibile ai principi di questo intervento eccezionale di "grande riforma" (il titolo abilitativo edilizio in sanatoria, la determinazione massima dei fenomeni condonabili)». Oltre che dai limiti imposti dalla legge penale.
Le norme che individuano le tipologie di opere insuscettibili di sanatoria ai sensi dell'articolo 32, comma 27, del Dl n. 269/2003 rientrano nel concetto di grande riforma economico-sociale: le previsioni statali relative alla determinazione massima dei fenomeni condonabili. Un limite è stato introdotto dal Legislatore statale nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva entro cui deve ricadere l'sercizio della potestà legislativa primaria della Regione ad autonomia speciale.