Civile

La disciplina dell'arbitrato dopo la Riforma Cartabia

Tra le principali novità: equiparazione degli effetti sostanziali della domanda di arbitrato a quelli della domanda giudiziale, ruolo e potere degli arbitri, translatio iudicii, legge applicabile alla controversia, riduzione del termine lungo per l'impugnazione del lodo, immediata efficacia del decreto presidenziale di exequatur e le innovazioni apportate all'abitrato societario

di Marco Greggio*

Gli obbiettivi della Riforma Cartabia

Con il recente D.L.vo n. 149 del 10 ottobre 2022 si è dato avvio alla c.d. Riforma Cartabia, dal nome dell'ex Guardiasigilli, attuando i principi della legge delega del 26 novembre 2021, n. 206.

In generale la legge delega 206/2021 ha come obiettivo quello di implementare l'efficienza del processo civile e rafforzare gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie. In particolare, la legge delega interviene sul rapporto tra la giurisdizione ordinaria e le forme di giustizia alternativa e complementare, mediante importanti innovazioni nella disciplina degli strumenti di ADR, onde potenziarne la loro efficienza ed incentivarne l'uso, con lo scopo di realizzare un sistema di giustizia più completo e versatile.

Ai sensi dell'art. 35 del Decreto 149/2022 (rubricato "Disciplina transitoria") le disposizioni della Riforma Cartabia, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Di talché ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.

In particolare, ai sensi del comma 9 del predetto art. 35 le disposizioni in materia di arbitrato (di cui all'articolo 3, commi 52, 53, 54, 55, 56 e 57 del D.L.vo n. 149/2022) si applicano ai procedimenti instaurati dopo il 30 giugno 2023.

L'intervento legislativo in materia di arbitrato si è occupato soltanto di quello rituale, giungendo a distanza di 16 anni dall'ultima riforma operata dal D.L.vo n. 40/2006.
Gli obiettivi dichiarati sono quelli di adeguare l'istituto all'evoluzione interpretativa segnata dalla giurisprudenza e di rendere il medesimo più attrattivo (finanche per i soggetti e gli investitori stranieri) e più fruibile dagli operatori.

La considerazione, implicita, di partenza è che l'arbitrato, per poter davvero essere uno strumento alternativo di risoluzione delle controversie (rispetto alle aule dei tribunali), e così essere maggiormente utilizzato, necessita di una forte fiducia da parte degli operatori, che sembra ancora mancare nella prassi, ove non si riscontra, almeno nei numeri, quella diffusione (da tempo) auspicata dal legislatore.

Le novità in tema di arbitrato

Il D.L.vo n. 149/2022 non stravolge l'istituto, limitandosi a portare alcune innovazioni, peraltro di sicuro interesse. Vediamo le principali.

L'equiparazione degli effetti sostanziali della domanda di arbitrato a quelli della domanda giudiziale

Anzitutto, la Riforma Cartabia recepisce le istanze interpretative volte a promuovere la
sostanziale equiparazione , sul piano degli effetti, del procedimento arbitrale a quello giudiziale.

Viene così sancita l'equiparazione degli effetti sostanziali della domanda di arbitrato a quelli della domanda giudiziale: "La domanda di arbitrato produce gli effetti sostanziali della domanda giudiziale e li mantiene nei casi previsti dall'articolo 819-quater c.p.c.".

Il principio di imparzialità ed indipendenza degli arbitri

Viene rafforzato il principio di imparzialità ed indipendenza degli arbitri, che possono essere ricusati per gravi ragioni di convenienza, prevedendo altresì l'obbligo di rilasciare, al momento dell'accettazione della nomina, una dichiarazione che contenga tutte le circostanze di fatto rilevanti.
Nel caso in cui tale dichiarazione sia omessa, l'accettazione sarà nulla; laddove invece al momento dell'accettazione l'arbitro abbia omesso di dichiarare le circostanze rilevanti per la ricusazione, l'arbitro decadrà dal suo ufficio.

Il dovere di disclosure in capo agli arbitri di ogni circostanza potenzialmente ostativa all'assunzione dell'incarico (già proprio dell'arbitrato amministrato) vuole rendere il procedimento arbitrale più trasparente: con tale novità il proposito del Legislatore è quello – si legge nella Relazione - di «rinsaldare la fiducia nell'istituto in capo ai potenziali fruitori e a coloro che vi si intendono rivolgere».
Ciò dovrebbe consentire alle parti una valutazione più serena circa l'opportunità della conferma della proposta di nomina degli arbitri.
La stessa nomina degli arbitri viene pubblicata sul sito dell'ufficio giudiziario.

Il potere di emanare provvedimenti cautelari in capo agli arbitri

Viene attribuito agli arbitri il potere di emanare provvedimenti cautelari, così colmando una lacuna che differenziava il nostro ordinamento da altri a noi geograficamente e culturalmente più vicini (che da tempo riconoscono tale potere agli arbitri).

Vi sono, tuttavia, alcune particolarità: anzitutto il potere cautelare viene attribuito agli arbitri nelle sole ipotesi di espressa volontà delle parti in tal senso, manifestata nella convenzione di arbitrato o in atto successivo, anche mediante rinvio a regolamenti arbitrali, purché anteriore all'instaurazione del giudizio arbitrale.

Inoltre i provvedimenti cautelari emessi dagli arbitri sono reclamabili dinnanzi alla Corte d'appello competente, per gli stessi motivi per cui è impugnabile il lodo arbitrale, mentre l'attuazione delle misure cautelari dovrà svolgersi sotto il controllo del tribunale.

Il D.L.vo n. 149/2022 introduce nel codice di rito l'art. 818 ter , il quale stabilisce che l'attuazione delle misure cautelari concesse dagli arbitri si svolge sotto il controllo del Tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato o, se la sede dell'arbitrato non è in Italia, del tribunale del luogo in cui la misura cautelare deve essere attuata.

Il mantenimento in capo al giudice ordinario dei poteri necessari per l'attuazione del provvedimento cautelare risponde del resto alla constatazione generale in base alla quale gli arbitri, in quanto soggetti privati, pur chiamati a rendere attraverso il proprio giudizio una funzione equivalente a quella della giurisdizione di cognizione, sono privi di ius imperii e di poteri coercitivi, rendendosi necessario fare riferimento, per la fase di attuazione ed esecuzione della misura, al giudice ordinario.

La translatio iudicii

L'art. 819 quater c.p.c. è la norma di recente conio deputata a disciplinare il fenomeno della translatio iudicii (che attua il principio di cui al comma 15, lett. g della legge delega).

Viene quindi prevista la possibilità, in tutte le ipotesi in cui viene negata la competenza (dal giudice in favore dell'arbitro e viceversa) di mantenere salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda attraverso la predisposizione ad opera delle parti di tutte le attività necessarie all'instaurazione del processo:
(i) Nel caso in cui sia stato il giudice ordinario a declinare la competenza e occorra quindi instaurare il giudizio arbitrale, le parti saranno onerate di porre in essere le attività inerenti alla nomina degli arbitri, di cui all'articolo 810 c.p.c.
(ii) Nel caso inverso (quando la declinatoria di competenza sia contenuta nel lodo o nella sentenza o ordinanza che definisce la sua impugnazione), le parti dovranno invece porre in essere la formale riassunzione della causa secondo quanto disposto dall'articolo 125 disp. att. del codice di procedura civile.

In entrambi i casi il termine per il compimento di tali attività è di tre mesi, in conformità a quanto previsto (in via generale) dall'art. 50 c.p.c., dal passaggio in giudicato della pronuncia di primo grado che declina la competenza (del giudice ordinario o dell'arbitro), ovvero dall'avvenuto definitivo compimento delle possibili impugnazioni.

Per rendere effettivo il meccanismo della translatio del processo tra le due sedi (in conformità, peraltro, a quanto previsto dall'articolo 59 l. n. 69/2009 per le ipotesi di translatio iudicii tra differenti ordini di giurisdizione) la nuova normativa prevede che l'attività processuale compiuta non venga "perduta" : in particolare le prove raccolte nel procedimento arbitrale ovvero ordinario possono costituire argomenti di prova nell'altro procedimento a seguito della translatio iudicii (art. 116 comma secondo c.p.c.).

La scelta della legge applicabile al merito della controversia

Il D.L.vo 149/2022 (art. 3, comma 53) ha aggiunto un secondo comma all'articolo 822 c.p.c. : quando gli arbitri sono chiamati a decidere secondo le norme di diritto, le parti possono indicare le norme o la legge straniera quale legge applicabile al merito della controversia. Tale indicazione può avvenire nella convenzione di arbitrato o con atto scritto anteriore all'instaurazione del giudizio arbitrale. In mancanza di tale indicazione, gli arbitri applicano le norme o la legge individuate ai sensi dei criteri di conflitto ritenuti applicabili.

La modifica individua segnatamente, da un lato, il contesto e il momento temporale in cui può esercitarsi il potere delle parti di indicare le fonti straniere applicabili, e dall'altro il novero delle fonti richiamabili (anche in assenza di una precisa scelta delle parti).

La riduzione del termine lungo per l'impugnazione del lodo

L'art. 828 c.p.c. stabilisce i termini per l'impugnazione per nullità del lodo. Come noto prima della Riforma, l'impugnazione si proponeva nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo (c.d. termine breve), davanti alla corte d'appello nel cui distretto vi è la sede dell'arbitrato, purché entro un anno dalla data dell'ultima sottoscrizione del lodo oggetto di impugnazione (c. d. termine lungo).

Il termine lungo è stato sempre considerato assimilabile al termine decadenziale stabilito dal codice di rito per l'impugnazione delle sentenze del giudice ordinario. Tuttavia vi era una discrasia: mentre l'art. 327 c.p.c. prevede che l'impugnazione deve essere proposta entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, l'art. 828 stabiliva, appunto, che il termine lungo fosse di un anno.

Questa discrasia – tra il rimedio impugnatorio ordinario e il termine di impugnazione del lodo - viene meno con la Riforma: il Decreto n. 149/2022 modifica il secondo comma dell'articolo 828 c.p.c. prevedendo che l'impugnazione del lodo sia proponibile entro sei mesi dalla data dell'ultima sottoscrizione dello stesso.
Viene, quindi, dimezzato il termine di un anno prima previsto.

L'immediata efficacia del decreto presidenziale di exequatur del lodo straniero

L'art. 3, comma 56, lett. a), del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 ha modificato il comma quarto dell'art. 839 c.p.c. prevedendo l'efficacia immediatamente esecutiva del lodo straniero, a seguito del decreto presidenziale di exequatur .

Il legislatore delegato ha altresì modificato l'art. 840 c.p.c. in materia di opposizione avverso il decreto che accorda o nega l'efficacia del lodo straniero, modificando il secondo e il quarto comma.

Il secondo comma ora prevede che in seguito all'opposizione, il consigliere istruttore, su istanza dell'opponente, quando ricorrono gravi motivi può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l'efficacia esecutiva o l'esecuzione del lodo.

L'arbitrato societario

Seguendo i princìpi indicati nella legge delega, è stato riformato l'arbitrato societario mediante il riordino organico e la semplificazione della normativa, inserendo nel codice di rito le norme contenute nella disciplina speciale di cui al D.L.vo n. 5/2003 (che è stata quindi abrogata).

La Riforma Cartabia ha così provveduto, in primo luogo, a inserire nel titolo VIII del codice un apposito capo e a rinumerare gli originari articoli (34, 35, 36 e 37) del D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 5, che ora sono divenuti rispettivamente gli artt. 838 bis, 838 ter, 838 quater e l'art. 838 quinquies c.p.c.

Una delle novità più rilevanti riguardo l'arbitrato societario è la possibilità degli arbitri di emettere ordinanze con cui sospendono l'efficacia di delibere assembleari (nelle controversie aventi ad oggetto la validità delle stesse), laddove tale possibilità era, prima della Riforma, espressamente preclusa.

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*A cura dell'Avv. Marco Greggio, m.greggio@greggio.eu

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