Comunitario e Internazionale

La dolcezza amara delle banane latinoamericane, pesticidi, guerriglia e violazioni dei diritti umani

Il Parlamento Europeo dal 2011 denuncia l'uso di pesticidi con concentrazioni inaudite

di Vittorio Corasaniti

Nel 2011 il Parlamento Europeo manifestava la sua preoccupazione per la produzione delle banane in America Latina e per l'uso di pesticidi in concentrazioni da 20 a 40 volte superiore rispetto a quello rivenuto nelle regioni ultraperiferiche della UE. Nel settore fitosanitario, inoltre, la maggior parte delle sostanze attive vietate dalle norme europee in materia di sicurezza alimentare era ampiamente utilizzata in tutte le piantagioni latinoamericane.
Dodici anni dopo, il 75% delle banane importate in Unione Europea proviene dall'America Latina. Ciononostante, la preoccupazione espressa dal Parlamento Europeo è ancora attuale.
Ci si chiede, però, se la portata delle riflessioni europee riguardi esclusivamente l'ambito interno, e quindi la tutela dei cittadini dell'Unione, o possa altresì avere valenza extraterritoriale, nell'ottica di un inquadramento generale della questione, tale da poter prospettare di richiedere ai Paesi esportatori il rispetto di standards internazionali sulla protezione dell'ambiente e dei diritti individuali.
La risposta pare essere negativa per due distinti motivi. Da una parte, la mancanza di una legislazione tesa a tutelare, quantomeno indirettamente, l'ambiente, i diritti dei lavoratori e delle popolazioni dove avviene la produzione agricola. Dall'altra, l'assenza di considerazioni quantomeno implicite sulle dispute giudiziarie d'oltreoceano e sulle azioni intraprese in ambito internazionale.

Le risoluzioni del Parlamento Europeo
Quanto al primo punto, ciò risulta evidente nel triplo passaggio dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 7 giugno 2016, alla Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio del 29 gennaio 2016, fino ad arrivare alla Direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare. Nel periodo intercorrente tra i tre atti, infatti, si perde qualsivoglia riferimento alla tutela dell'ambiente o ai diritti dei lavoratori.

Il caso Costa Rica
Quanto al secondo, invece, vale la pena ricordare alcuni passaggi fondamentali registrati negli ultimi anni sul piano del diritto internazionale e del diritto nazionale d'oltreoceano.
Così, per esempio, il Costa Rica è finito più volte sotto i riflettori internazionali per i danni causati dalle monoculture. Nei suoi confronti la Commissione Interamericana per i Diritti Umani aveva già emesso nel 2009 e nel 2015 due richieste di misure cautelari: la prima, in favore di Aquiles Rivera, un capo comunità minacciato di morte per l'opposizione all'espansione indiscriminata delle coltivazioni di ananas nella zona sud del Paese; la seconda, a garanzia delle popolazioni indigene Teribe y Bribri, sottoposte a minacce e aggressioni per la resistenza alle continue condotte di land grabbing. Ancora, nel 2015 la stessa Commissione Interamericana prendeva coscienza del fatto che l'altissimo consumo di pesticidi e agrochimici aveva avuto risvolti infausti sulla popolazione costaricana residente nelle zone dedicate alla monocultura intensiva, dove ormai non era più nemmeno garantito il libero accesso all'acqua potabile.
Nel 2022, la situazione era peggiorata così tanto da richiamare l'attenzione delle Nazioni Unite. Da una parte, l'UNDP ha preso coscienza dei dati che identificano il Costa Rica come il primo Stato al mondo per uso di pesticidi nella produzione agricola (tra cui anche quella delle banane) e delle gravi conseguenze sulla salute dei costaricani. Nello stesso anno, il Relatore Speciale per la protezione dei diritti delle popolazioni indigene ha raccomandato al Costa Rica di prevenire e riparare i gravi danni arrecati dalle monoculture alla salute e all'ambiente.

Diritti umani in Colombia
In Colombia, dal 2003 al 2013 la Corte Interamericana dei Diritti Umani ha disposto misure provvisionali in favore delle Comunità del Jiguamiandó e del Curbaradó, vittime di intimidazioni, minacce, detenzioni arbitrarie, tortura e omicidi perpetrati da paramilitari con l'ausilio e il finanziamento indiretto di imprese nazionali e multinazionali per la produzione di palma e banane. Stessa sorte era toccata alle popolazioni della regione dell'Urabá colombiano, anch'esse oggetto di misure cautelari concesse dalla Commissione Interamericana tra il 1997 e il 2003.
La vicenda, che testimonia le forti tensioni sociali nelle zone di monocultura intensiva, avrà un risvolto ancora più eclatante nel 2007, quando un giudice statunitense autorizzerà un accordo tra Chiquita Brands International e lo Stato della Colombia, inerente al pagamento di una multa da 25 milioni di dollari per aver finanziato il gruppo paramilitare delle Autodefensas Unidas de Colombia, che negli anni precedenti aveva realizzato sfollamenti forzati, omicidi, massacri, detenzioni arbitrarie e torture. Il caso è arrivato finanche dinanzi al Tribunale d'Appello del XXI Circuito degli Stati Uniti, che il 7 settembre 2022 ha concesso alle famiglie ricorrenti contro la Chiquita Brands International di procedere verso un giudizio di fronte a una giuria.

I danni chiesti dell'Ecuador
Ancora, nel 2008 l'Ecuador ha trascinato la Colombia dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite per i danni causati alle piantagioni di banana ecuadoriana e alla popolazione frontaliera a causa della sovraesposizione ai pesticidi sparsi sul territorio colombiano con la tecnica della fumigazione aerea. La questione è stata chiusa nel 2013, dopo che l'Ecuador ha rinunciato al ricorso prendendo atto dell'Accordo del 9 settembre 2013 con il quale la Colombia creava una "zona di esclusione" dove i pesticidi non sarebbero stati sparsi.
La vicenda assumerà caratteristiche grottesche nel 2022, quando il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle Sostanze Tossiche e i Diritti Umani informerà il Governo ecuadoriano di aver ricevuto dati allarmanti sull'uso indiscriminato di pesticidi altamente pericolosi nelle coltivazioni di banana, adducendo che detti pesticidi possono avere ripercussioni gravi o irreversibili sulla salute umana e sull'ambiente.

L'intervento europeo
Di fronte alle questioni esaminate, l'Unione Europea ha provato a limitare i danni, almeno indirettamente, per ciò che concerne l'uso dei pesticidi e la salute dei cittadini europei. Da una parte, infatti, l'EFSA e la Commissione Europea hanno dimostrato di voler limitare se non addirittura vietare l'uso di fungicidi come il mancozeb sulle banane di importazione. Dall'altra, il 19 gennaio 2023 la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha sancito che le deroghe nazionali all'uso dei pesticidi sono contrarie al diritto dell'UE.
Alla luce di tutto quanto evidenziato, pare tuttavia necessario un intervento netto da parte delle istituzioni europee, teso a intervenire sia sotto il profilo legislativo, sia mediante l'attivazione di una più incisiva cooperazione internazionale. Se, infatti, il mercato pretende di rivedere costantemente al ribasso i prezzi al consumatore, il risparmio sui costi di produzione non può e non deve riversarsi né sull'ambiente, né sulle persone, siano esse cittadini di Stati terzi o dell'Unione Europea.

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