L'esperto rispondeResponsabilità

LA MOGLIE-ASSISTENTE DIVENTA COLLABORATRICE

La domanda

Un professionista con partita Iva si fa aiutare nella professione dalla moglie che, a tal fine, lascia la propria attività di lavoratrice dipendente dopo un'anzianità contributiva di circa 17 anni. Premesso che non si ritiene esistano le premesse per giustificare un rapporto di lavoro dipendente, i cui costi peraltro non sarebbero neppure riconosciuti in deduzione dal reddito professionali, si chiede con quali modalità inquadrare il rapporto al fine di garantirle una copertura previdenziale fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione.

L'attività del familiare, e in particolare del coniuge, viene considera dalla legge come resa in modo spontaneo e gratuito. In alternativa, è possibile ricondurre per volontà dei coniugi tale lavoro nell'ambito dell'impresa familiare. Tuttavia, la prestazione di attività del coniuge, parente od affine, nell'ambito dell'impresa familiare, non sussistendo i requisiti del lavoro dipendente, non può essere assoggettata al regime assicurativo generale. Rispetto al caso specifico non è possibile nemmeno farla rientrare nella particolare tutela stabilita dalla vigente legislazione a favore dei lavoratori autonomi, per le imprese artigiane o commerciali soggette ai rispettivi regimi assicurativi, dato che siamo in ambito di attività professionale.Non resta allora che instaurare un rapporto di collaborazione, purchè nel rispetto dei requisiti del Dlgs 81/2015, con iscrizione alla gestione separata a cui versare i contributi da parte del coniuge/committente, al fine quanto meno di incrementare l'anzianità contributiva e pervenire al limite minimo di 20 anni, e così puntare ad una pensione totalizzata, una volta compiuti 65 anni di età più speranza di vita.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©