Penale

La prescrizione del reato di diffamazione a mezzo blog decorre dall'inserimento in rete della frase offensiva

E' proprio in quel preciso momento che le frasi o le immagini dannose diventano fruibili da parte dei terzi fruitori della rete

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di Pietro Alessio Palumbo

Secondo la disciplina penalistica chiunque comunicando con più persone offende l'altrui reputazione è punito con la reclusione o con la multa. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato la pena della reclusione e quella della multa sono raddoppiate. Se poi l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico la reclusione può arrivare a tre anni. Con la recente sentenza n.1370 del 16 gennaio la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha chiarito che il delitto di diffamazione realizzato tramite un blog ha natura di reato istantaneo di evento che si consuma nel momento in cui la frase o l'immagine lesiva diventano fruibili in rete da parte di terzi. La conseguenza è che da quello stesso momento inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato.

La decorrenza della prescrizione
Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato dal giorno della consumazione; per il reato tentato dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione. Nell'ipotesi in cui la condotta offensiva dell'altrui reputazione si concretizzi nella diffusione di scritti o di filmati attraverso la rete internet, la consumazione del delitto di diffamazione viene a coincidere con l'inserimento nel web del documento diffamatorio, di modo che da tale momento inizia a decorrere il temine di prescrizione del reato. Ciò perché la diffamazione, che è reato di evento, si consuma nel momento stesso e nel luogo in cui i terzi percepiscono l'espressione ingiuriosa. E dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato.
La Suprema Corte ha evidenziato che tale lettura è legata al più ampio tema della tempestività della querela, posto che la decorrenza del termine per la proposizione della stessa presuppone necessariamente che il reato si sia perfezionato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva. Può essere affermato che ai fini della individuazione del momento della decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale ovvero temporalmente prossima a quella in cui la frase o l'immagine lesiva sono state immesse su internet. Ciò atteso che l'interessato, normalmente, ha notizia del fatto commesso mediante web accedendovi direttamente o per mezzo di terzi che in tal modo ne siano venuti a conoscenza.

La disciplina della diffamazione
Il bene giuridico tutelato dalla disciplina penale della diffamazione è individuato nell'onore e nel suo riflesso in termini di valutazione sociale: la reputazione intesa quale patrimonio di stima, di fiducia, di credito accumulato dal singolo nella società e in particolare nell'ambiente in cui quotidianamente vive e opera. L'evento del reato di diffamazione è costituito dalla comunicazione e dalla correlata percezione o percepibilità, di un segno, una parola, un disegno lesivo, che sia diretto, non in astratto, ma concretamente, a incidere sulla reputazione di uno specifico soggetto. Si tratta di evento, non fisico, ma, psicologico, consistente nella percezione sensoriale e intellettiva, da parte di terzi, dell'espressione offensiva.

Il caso esaminato
Nella vicenda affrontata dalla Corte di Cassazione può essere considerata valida la ricostruzione effettuata dal ricorrente che al riguardo ha denunciato la violazione della disciplina penalistica riguardante la prescrizione, quella sulla relativa decorrenza, e quella propria sul delitto di diffamazione. A ben vedere può rilevarsi che la giustificazione addotta dalla Corte territoriale per disattendere l'eccezione di prescrizione del reato, ossia quella secondo la quale la diffamazione commessa tramite rete internet sarebbe a consumazione prolungata nel tempo - essendo il contenuto offensivo immesso in rete consultabile in ogni momento da una platea indifferenziata di utenti del web - sarebbe in conclamato dissenso con una più ragionevole lettura interpretativa secondo cui il delitto di diffamazione, quand'anche realizzato con condotte progressive, è da inquadrare quale fattispecie di evento a consumazione istantanea.
Secondo la Suprema Corte occorre evidenziare che, in virtù della natura di reato istantaneo di evento che è propria anche della fattispecie di diffamazione realizzata tramite rete Internet, la stessa si consuma nel momento in cui la frase ovvero l'immagine lesiva sono immesse sul web. Ciò perché a ben vedere è proprio in quel preciso momento che le frasi o le immagini dannose diventano fruibili da parte dei terzi fruitori della rete; essendo inserite in un ambiente comunicativo per sua stessa natura e conformazione destinato ad essere generalmente visionato da più persone; senza che abbia rilievo il prolungarsi della lesione del bene giuridico protetto dalla norma, trattandosi di una evenienza che non incide sulla struttura del reato trasformandolo in un reato di natura permanente.

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