Casi pratici

La procedura concordataria e il coordinamento con il procedimento pre-fallimentare

La procedura concordataria nel regime normativo previgente

di Rossana Mininno

la QUESTIONE
In caso di contemporanea pendenza di un procedimento pre-fallimentare instaurato ai sensi del R.D. n. 267 del 1942 e di una procedura concordataria avviata ai sensi del D.Lgs. n. 14 del 2019 è applicabile, al fine dell'individuazione del relativo regime normativo, l'articolo 390 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza?

Il concordato preventivo è disciplinato nel Titolo III del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la "Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa" (in seguito "Legge Fallimentare" o "L.F.").
Il presupposto oggettivo per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo era costituito, in virtù della versione originaria dell'articolo 160 della Legge Fallimentare, dall'insolvenza, da intendersi come uno stato che «si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni» (art. 5, co. 2, L.F.).
In occasione dell'intervento riformatore attuato nell'anno 2005 ad opera del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 ("Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale"), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, lo stato di insolvenza è stato sostituito con lo «stato di crisi», formula che ha originato dubbi interpretativi con riferimento, in generale, al rapporto tra le nozioni di «insolvenza» e di «crisi» e, in particolare, al regime di accessibilità alla procedura concordataria da parte dell'imprenditore in stato di decozione.
Per dirimere tali dubbi il legislatore è intervenuto con l'articolo 36 del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273 ("Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti diposizioni urgenti"), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, mediante il quale ha inserito nel testo dell'articolo 160 della Legge Fallimentare un comma ad hoc ai sensi del quale «per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza» (in origine, comma 2; attualmente, comma 3).
L'intervento chiarificatore de quo, tuttavia, non ha fornito indicazioni circa la configurabilità dello «stato di crisi» in tutte quelle situazioni in cui lo stesso non sia sovrapponibile allo «stato di insolvenza», ovvero a quella «situazione d'impotenza strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività» (Cass. civ., Sez. I, 20 novembre 2018, n. 29913).
Un'altra novità introdotta dal decreto-legge n. 35 del 2005 è consistita nell'introduzione della possibilità per l'imprenditore di concludere, nell'ambito del concordato preventivo, un accordo stragiudiziale per la ristrutturazione dei debiti, che consenta al medesimo di fare fronte alla crisi dell'impresa tramite un piano concordato con i creditori.
Nell'anno 2012 la procedura concordataria è stata oggetto di un ulteriore intervento riformatore ad opera del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 ("Misure urgenti per la crescita del Paese"), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, mediante il quale il legislatore ha introdotto misure volte a facilitare la gestione della crisi aziendale e a favorire la continuità aziendale, tra le quali si annovera, in particolare, il concordato in bianco (anche detto concordato con riserva o con prenotazione).
La procedura concordataria ha avvio con la presentazione, da parte del debitore, della domanda di ammissione, proposta con ricorso al Tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale e corredata da una serie di documenti prescritti ex lege: una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività; l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, nonché l'indicazione dell'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.
La proposta concordataria deve essere accompagnata dalla relazione predisposta da un professionista indipendente, scelto dal debitore, il quale deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
Il decreto-legge n. 83 del 2012 ha riconosciuto all'imprenditore la possibilità di allegare alla domanda esclusivamente i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e di riservarsi, nel contempo, di presentare la proposta concordataria, il piano e l'ulteriore documentazione entro un termine fissato dal Giudice: al ricorrere di tale ipotesi la domanda è detta in bianco (oppure con riserva o con prenotazione).
Con l'introduzione di tale tipologia di procedura concordataria il legislatore ha inteso consentire all'imprenditore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, quali in primis il blocco delle azioni esecutive e cautelari (cfr. art. 168, co. 1, L.F.), onde impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano possano aggravare lo stato di crisi sino a generare uno stato di insolvenza irreversibile.
Il decreto-legge n. 83 del 2012 ha, altresì, riconosciuto all'imprenditore, in sostanziale analogia con quanto già previsto nell'ambito della procedura fallimentare (cfr. artt. 72 e ss. L.F.), la possibilità di sciogliersi - su autorizzazione del Giudice Delegato - dai contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti ovvero di ottenerne la sospensione (cfr. art. 169 bis L.F.).
Altra novità del decreto-legge n. 83 del 2012 è consistita nella specifica regolamentazione del concordato con continuità aziendale, avvenuta mediante l'introduzione, nell'articolato della Legge Fallimentare, dell'articolo 186-bis, disciplina precipuamente volta a incentivare la tempestiva emersione di criticità e il ritorno in bonis dell'impresa o la conservazione dell'azienda in esercizio.
Al detto fine il legislatore ha previsto la possibilità, per l'imprenditore in crisi, di optare per la prosecuzione dell'attività d'impresa oppure per «la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione»: nel primo caso la continuità aziendale è detta pura (o diretta), nel secondo caso è detta impura (o indiretta).
Nel panorama delle procedure concorsuali minori il concordato preventivo si caratterizza, dal punto di vista funzionale, per essere finalizzato alla «risoluzione della crisi di impresa» (Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4329) mediante la regolazione dei rapporti con i creditori in maniera concertata con i medesimi, soluzione idonea a «favorire, per quanto possibile, la conservazione dei valori aziendali, altrimenti destinati ad un inevitabile quanto inutile depauperamento» (Cass. civ., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521).

La procedura concordataria nel regime normativo vigente

Il Codice della crisi d'impresa
Nell'impianto della previgente Legge Fallimentare, non ispirata all'intento di coniugare la tutela dei creditori con le esigenze della produzione, il concordato preventivo ha una valenza meramente secondaria, divenuta primaria con l'entrata in vigore - avvenuta, dopo svariati rinvii il 15 luglio 2022 - del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante il "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155" (in seguito "Codice" o "c.c.i."), mediante il quale il legislatore, riformando in maniera organica il sistema delle procedure concorsuali, ha approntato una disciplina finalizzata alla salvaguardia della continuità aziendale, nonché al risanamento dell'impresa, finalità per il perseguimento delle quali si appalesa indispensabile la diagnosi precoce dello stato di difficoltà dell'impresa e la creazione delle condizioni affinché l'imprenditore possa avviare, in via preventiva, le procedure di ristrutturazione con l'obiettivo di evitare che la crisi diventi irreversibile.
Nello specifico, il legislatore ha novellato la disciplina relativa alle "situazioni di crisi o insolvenza del debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un'attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici" (art. 1).
Le procedure concorsuali pendenti alla data di entrata in vigore del Codice continuano a essere disciplinate dalla Legge Fallimentare (cfr. art. 390 c.c.i.).
Il Codice è stato, a sua volta, modificato con il decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147 (c.d. Decreto correttivo) e, da ultimo, con il decreto legislativo 17 giugno 2022, n. 83, adottato in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, nonché le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione (c.d. Direttiva insolvency).
Il nuovo corpus normativo comprende anche la materia del sovraindebitamento, in precedenza regolata dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3 ("Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione della crisi da sovraindebitamento").
La ratio che ha ispirato l'intervento riformatore del 2019 consiste non soltanto nella tutela della par condicio creditorum, ma anche nella conservazione dell'impresa in attività, intesa quale valore meritevole di essere tutelato, comunque in coordinamento con i diritti dei creditori, tant'è che - nel complessivo disegno riformatore - la liquidazione giudiziale assume il ruolo di extrema ratio rispetto a tutti gli altri strumenti di soluzione della crisi d'impresa, i quali sono trattati in via prioritaria rispetto alla domanda di apertura della procedura concorsuale maggiore (ovvero la liquidazione giudiziale).

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all'esito della composizione negoziata
Nell'ipotesi in cui la trattativa finalizzata alla composizione negoziata della crisi non abbia avuto, a causa dell'impraticabilità delle soluzioni individuate, esito positivo e il debitore abbia, comunque, rispettato i doveri di buona fede e di ostensione veritiera dei dati relativi alla propria situazione di crisi, l'imprenditore può accedere al concordato semplificato, presentando, nei 60 giorni successivi alla comunicazione della relazione finale da parte dell'esperto, una proposta concordataria per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione.

L'istituto ha natura concorsuale e la proposta è, sostanzialmente, dismissiva dell'intero patrimonio del debitore
Dalla data della pubblicazione del ricorso si producono gli effetti di cui agli artt. 6, 46, 94 e 96 c.c.i.: la prededucibilità dei crediti (cfr. art. 6 c.c.i.); lo spossessamento attenuato (nel senso che durante la procedura il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza dell'ausiliario); i creditori per titolo o causa anteriore (riferendosi l'anteriorità al decreto di omologazione) non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore; le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese; le decadenze non si verificano e i creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti (cfr. art. 94 c.c.i.).
Per quanto attiene alla posizione del ceto creditorio i creditori non sono chiamati a esprimere con il voto il proprio gradimento, ma direttamente facoltizzati a opporsi, senza alcun limite di rappresentatività all'omologazione della proposta concordataria.
Il Codice non richiede l'attestazione di un professionista terzo e indipendente in ordine alla veridicità dei dati riportati nella proposta concordataria, attesa l'esigenza di garantire una maggiore speditezza delle attività propedeutiche alla presentazione della domanda medesima.

Il concordato preventivo liquidatorio
Il concordato preventivo liquidatorio è un istituto nel quale l'accordo con i creditori ha la funzione di evitare, rectius prevenire la liquidazione giudiziale, mettendo a disposizione degli stessi i beni e i diritti costituenti il patrimonio del debitore, in vista della ristrutturazione dei debiti di quest'ultimo e del soddisfacimento, in tutto o in parte, dei creditori, in via immediata o dilazionata.
Nel caso di concordato preventivo liquidatorio la verifica giudiziale si incentra sulla non manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Costituisce una novità introdotta dal Codice la legittimazione attiva concessa al commissario giudiziale, su impulso di uno o più creditori, a richiedere la risoluzione del concordato (cfr. art. 119 c.c.i.), con la precisazione che non è possibile aprire la liquidazione giudiziale senza la previa risoluzione concordataria, salvo che l'insolvenza non derivi da debiti successivi al deposito per la domanda di apertura della procedura concordataria.

Il concordato preventivo in continuità
Il Codice ha introdotto il concetto di concordato con continuità aziendale, la quale tutela l'interesse dei creditori e preserva i posti di lavoro (cfr. art. 84 c.c.i.).
La continuità aziendale può essere diretta (ovvero con prosecuzione dell'attività d'impresa da parte dell'imprenditore che ha presentato la domanda di concordato) oppure indiretta (ovvero con previsione della gestione dell'azienda in esercizio o la ripresa dell'attività da parte di soggetto diverso dal debitore in forza di cessione, usufrutto, conferimento dell'azienda in una o più società, anche di nuova costituzione, ovvero in forza di affitto, anche stipulato anteriormente, purché in funzione della presentazione del ricorso, o a qualunque altro titolo).
Nel concordato in continuità aziendale i creditori sono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta.
La proposta di concordato prevede per ciascun creditore un'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, che può consistere anche nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa.
Per il concordato in continuità la valutazione di fattibilità - la quale ha perso ogni aggettivazione economica - è più semplicemente volta a verificare che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l'insolvenza e, ove previsti, che eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l'attuazione del piano e non pregiudichino ingiustamente gli interessi dei creditori.
Costituisce una novità introdotta dal Codice la legittimazione attiva concessa al commissario giudiziale, su impulso di uno o più creditori, a richiedere la risoluzione del concordato (cfr. art. 119 c.c.i.), con la precisazione che non è possibile aprire la liquidazione giudiziale senza la previa risoluzione concordataria, salvo che l'insolvenza non derivi da debiti successivi al deposito per la domanda di apertura della procedura concordataria.