Lavoro

La registrazione di conversazioni tra colleghi è legittima se serve per precostituirsi un mezzo di prova

Per l'utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente ed i colleghi sul luogo di lavoro son serve il consenso dei presenti

di Andrea Alberto Moramarco

Nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato è legittima la condotta di un lavoratore che registri di nascosto le conversazioni con i colleghi per precostituirsi un mezzo di prova contro il datore di lavoro in una causa futura o imminente, costituendo essa l'esercizio del diritto di difesa. L'utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente ed i colleghi sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione dell'imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall'altra. Pertanto, le suddette registrazioni sono da ritenersi lecite se strettamente finalizzate alla difesa di un proprio diritto e all'acquisizione di fonti di prova, ovvero se il lavoratore è mosso dall'intento di tutelare la propria posizione all'interno dell'azienda e di precostituire una prova a proprio favore. Tale comportamento non legittima il licenziamento e non costituisce illecito disciplinare. Questo è quanto emerge dalla sentenza del Tribunale di Bergamo n. 423/2021.

Il caso
La controversia prende le mosse dall'impugnazione del licenziamento irrogato ad una lavoratrice addetta al reparto di assistenza clienti di una società di export dopo la scoperta nella sua postazione di un registratore vocale spia, nascosto tra i suoi effetti personali e lasciato acceso tutta la giornata anche nei momenti di sua assenza, in totale spregio al diritto alla segretezza della comunicazione dei colleghi e superiori.
La lavoratrice riteneva però che non vi fossero prove sulla riconducibilità a sé di tale strumento e, anzi, sosteneva che attorno a sé si era creato un clima di sfiducia dopo il rifiuto di compiere delle mansioni non regolari e non in linea con la legislazione doganale. Per il datore di lavoro, invece, il clima di sospetto e di tensione intorno alla lavoratrice si era creato proprio a causa del ritrovamento del registratore, circostanza che aveva «leso irrimediabilmente il legame fiduciario con il datore di lavoro» e con i colleghi.

La decisione
Il Tribunale sposa la tesi della lavoratrice e ordina la reintegrazione nel posto di lavoro, non essendovi in effetti prova della riconducibilità del registratore alla ricorrente. Ad ogni modo, per il giudice, proprio dalle dichiarazioni delle parti - laddove si fa riferimento ad un clima di tensione e ad attività irregolari - emerge il carattere difensivo della registrazione delle conversazioni, che pare «preordinata all'elaborazione di una difesa in un possibile giudizio contro il datore di lavoro o per investigazioni difensive». Ciò è sufficiente per ritenere illegittimo il licenziamento.
Il giudice ricorda, infatti, che secondo la giurisprudenza di legittimità, «se in astratto il dipendente che registra di nascosto le conversazioni avvenute sul luogo di lavoro può essere licenziato, trattandosi di condotta che viola la riservatezza dei singoli, che ingenera un clima di mancanza di fiducia e collaborazione tra colleghi e che lede irreparabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, tuttavia, la registrazione che sia strettamente connessa ad una specifica e realistica prospettiva di contenzioso potrà esser prodotta in giudizio ed il comportamento non sarà sanzionabile dal punto di vista disciplinare».

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