Responsabilità

La responsabilità della banca negoziatrice è di tipo contrattuale derivante da contatto qualificato con doveri di correttezza e buona fede

Lo stabilisce la sentenza n. 25873 del 2020 della Corte di Cassazione che ha recepito l'orientamento a Sezioni Unite di cui alla decisione 12477/2018

di Mauro De Filippis

La responsabilità della banca negoziatrice si inserisce nell'alveo di quella contrattuale derivante da contatto qualificato inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex articolo 1173 c.c. e dal quale derivano i doveri di correttezza e buona fede enucleati dagli articoli 1175 e 1375 c.c.
E' quanto stabilito dalla sentenza n. 25873 del 16.09.2020 depositata dalla Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha recepito in materia di responsabilità della banca negoziatrice di un titolo il recente orientamento a Sezioni Unite di cui alla sentenza n. 12477/2018.

La vicenda presa in esame dagli Ermellini concerne una domanda risarcitoria promossa da una compagnia assicurativa in virtù di un contratto di servizio liquidazione sinistri, stipulato con un istituto di credito. La prima emetteva sul relativo conto bancario assegno con clausola "non trasferibile" - per l'importo di Euro 2.750,00 - a favore di tizio. L'assegno, spedito mediante posta ordinaria, veniva negoziato presso istituto credito da soggetto che apponeva la firma corrispondente a tale nominativo "per traenza e quietanza", rivelatasi poi falsa, non avendo l'effettivo ordinatario mai ricevuto tale assegno e non avendo, pertanto, apposto su di esso alcuna sottoscrizione, come risultava dalla denuncia del fatto-reato alla autorità' competente.

La Compagnia assicurativa, costretta a effettuare nuovamente il pagamento a favore dell'effettivo ordinatario, agiva nei confronti dell'istituto negoziatore del titolo con domanda ritenuta fondata da entrambi i Giudici di merito che ritenevano che l'istituto negoziatore non avesse, quale banca girataria per l'incasso, correttamente identificato il soggetto beneficiario.

L'istituto negoziatore ricorre deducendo, con motivo ritenuto ammissibile, che la verifica della corrispondenza del soggetto presentatore dell'assegno con l'effettivo beneficiario, bene può ritenersi compiuta attraverso l'acquisizione di copia di un valido documento di identità (nella specie la Carta di identità), come previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 1 e 35 e dal Decreto Legislativo n. 231 del 2017, articolo 19 e che il pagamento eseguito al soggetto munito di legittimazione cartolare ha effetto liberatorio, anche se risulti essere persona diversa dal titolare effettivo, qualora detto pagamento sia avvenuto senza dolo o colpa da parte della banca trattaria o girataria per l'incasso.

La Corte ritiene dunque che il giudice del secondo grado, che ritenne ininfluenti le allegazioni della banca negoziatrice circa l'esplicazione della propria condotta diligente in applicazione dell'indirizzo giurisprudenziale (Cass. Civ. I n. 3405/2016) secondo cui la banca trattaria rimane vincolata al pagamento al titolare cartolare effettivo "a prescindere dalla sussistenza dell'elemento della colpa nell'errore sull'identificazione di quest'ultimo", abbia statuito in difformità al richiamato orientamento delle Sez. un. 12477/2018 secondo cui la banca negoziatrice è ammessa a provare che l'inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall'articolo 1176 c.c., comma 2".

Detto motivo non è stato purtuttavia ritenuto idoneo a pervenire alla cassazione della decisione avendo il Giudice di appello valutato nel merito anche la sussistenza in concreto del colpevole difetto di diligenza della banca negoziatrice ex articolo 1176 c.c., comma 2, per mancato apprestamento delle dovute cautele, affermando che le indagini espletate dal negoziatore all'atto della presentazione del titolo non potevano ritenersi adeguate.
Invero la ricorrente con il secondo motivo censura la sentenza impugnata per vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 1227 c.c., commi 1 e 2 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), deducendo che il Tribunale avrebbe fatto scorretta applicazione dei principi in materia di regolarità causale dei fatti materiali, escludendo rilevanza di antecedente causale concorrente alla modalità di spedizione dell'assegno per "posta ordinaria" anziché, come richiesto dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, articolo 83 mediante "posta assicurata".

Il motivo è ritenuto ammissibile e la Corte richiama il principio sancito da Sez. Unite n. 9769/2020 secondo cui: " la condotta del danneggiato il quale, come nel caso di specie, disattende le indicazioni desumibili dalla disciplina normativa - che regola le modalità di impiego dei diversi servizi postali, utilizzandoli in modo diverso dalle rispettive funzionalità e scopi, comporta la volontaria esposizione ad un maggiore rischio di incertezza in ordine al risultato finale di garantire al destinatario il possesso materiale del titolo di credito, costituendo uno degli antecedenti causativi dell'evento dannoso".

In conclusione questo il richiamo della Corte:"l'utilizzazione della posta ordinaria si pone in contrasto non solo con le regole di comune prudenza....ma anche con il dovere di agire in modo da preservare gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, .....in ossequio al principio solidaristico di cui all'articolo 2 Cost., che a livello di legislazione ordinaria trova espressione proprio nella regola di cui all'articolo 1227 c.c., operante sia in materia extracontrattuale, ... sia in materia contrattuale, come riflesso dell'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, previsto dall'articolo 1175 c.c. ".
La sentenza è stata dunque cassata "in parte qua" e rinviata al Giudice di appello per l'applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite n. 9769/2020.

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