Civile

La ricusazione del Ctu è possibile solo prima dell'affidamento dell'incarico

Dopo può trovare applicazione solo il potere del giudice di sostituzione del consulente cui non consegue alcuna nullità della attività svolta

di Mario Finocchiaro

La istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio può essere proposta esclusivamente entro il termine di cui all'articolo 192 Cpc, ossia prima dell'affidamento dell'incarico, con conseguente impossibilità fattuale di esecuzione d'opera professionale da parte dell'ausiliario. Deriva da quanto precede, pertanto, che, in presenza di un'istanza formulata oltre il termine prescritto, può trovare applicazione solo il potere del giudice di sostituzione del consulente cui non consegue alcuna nullità della attività svolta dall'ausiliario che qualora non sia stato soddisfatto del suo compenso è legittimato ad impugnare il diniego di liquidazione con lo speciale procedimento di cui all'articolo 170 del Dpr n. 115 del 2002. Lo ha precisato la II sezione della Cassazione con sentenze 26358/2020.

I precenti
Nella stessa ottica della decisione in rassegna e, in particolare, per l'affermazione che l'art. 192, comma 2, Cpc, nel prevedere che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio deve essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo. A tale principio non è consentita deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza soltanto in seguito della situazione di incompatibilità, poiché, in questo caso, è possibile esclusivamente prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri conferiti dall'art. 196 Cpc, spettando, comunque, all'ausiliario il compenso per l'attività svolta, Cassazione, ordinanza 5 novembre 2018 n. 28103.
Analogamente, sempre nel senso che la scadenza del termine di cui all'art. 192, comma 2, Cpc preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità del consulente, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, Cassazione, sentenze 6 giugno 2002, n. 8184; 25 maggio 2009 n. 12004, 6 giugno 2014 n. 12822 e 8 aprile 1998 n. 3657, ove il rilievo che a tale principio non è consentita deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza solo successivamente della situazione di incompatibilità, potendosi in tal caso solo prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri che gli conferisce in tal senso l'art. 196 Cpc, e che sottolinea come la valutazione operata al riguardo dal giudice del merito è insindacabile in Cassazione se la motivazione è immune da vizi logici.
Per il rilievo che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio deve essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, altrimenti la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, né la causa di ricusazione può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata ab origine tempestivamente denunciata, Cassazione, ordinanza 5 ottobre 2017 n.23257.
Nel senso, ancora, che nell'ipotesi in cui il consulente tecnico d'ufficio si avvalga della prestazione d'opera di altro ausiliario ex art. 56, comma 3, dPR n. 115 del 2002, anche nei riguardi di quest'ultimo trova applicazione il principio secondo cui, in caso di violazione dell'obbligo di astensione derivante dagli art. 51 e 63 Cpc, la parte interessata deve proporre istanza di ricusazione nei modi e nei termini previsti dall'art. 192 Cpc, restandole, in difetto, preclusa la possibilità di far valere successivamente la detta situazione di incompatibilità, Cassazione, sentenza 16 maggio 2016 n. 9968.
In termini generali, per la precisazione che la patologia processuale dell'attività del consulente tecnico d'ufficio, idonea a determinare la nullità della relazione ed il conseguente venir meno del suo diritto alla liquidazione del compenso, deve essere necessariamente oggetto di declaratoria da parte del giudice del merito cui compete, in via esclusiva, detta valutazione, Cassazione, ordinanza 28 febbraio 2017 n. 5200
Sempre sulle condizioni perché sia escluso il diritto del consulente a pretendere il compenso per l'opera prestata si è precisato, in sede di legittimità:
- il diritto del consulente tecnico d'ufficio alla liquidazione del compenso non sussiste in tutti i casi in cui la sua attività non sia neppure astrattamente utilizzabile nell'ambito del processo, sia perché non conferente all'incarico conferitogli, giacché esso non trova fondamento in una disposizione dell'autorità giudiziaria, ai sensi dell'art. 1 della legge 8 luglio 1980, n. 319 ed attualmente degli artt. 49 e ss. del dPR 30 maggio 2002, n. 115, sia in quanto detta attività sia stata svolta con l'inosservanza di norme sanzionate da nullità, non potendo qualificarsi come eseguite delle prestazioni delle quali è vietato al giudice ed alle parti di giovarsi nel processo, Cassazione, sentenza 5 gennaio 2011 n. 234, che ha cassato la sentenza di merito che aveva liquidato il compenso al CTU nonostante la declaratoria di nullità della consulenza per violazione del principio del contraddittorio;
- in tema di compenso degli ausiliari del giudice, nel procedimento di opposizione al provvedimento che liquida il compenso al consulente tecnico, ai sensi dell'art. 11 della legge 8 luglio 1980 n. 319, non compete al giudice la valutazione dell'influenza e dell'utilità della consulenza tecnica (il cui apprezzamento è riservato al giudice della controversia in sede di cognizione del merito), bensì quella circa la rispondenza dell'opera svolta dall'ausiliario ai quesiti postigli. Ne consegue che, nel caso in cui tutto l'elaborato debba ritenersi fuori d'opera rispetto al quesito, al consulente non spetta alcun compenso, Cassazione, sentenza 31 marzo 2006 n. 7632 (M. Fin.).

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