La sentenza Contrada non apre alla revisione di tutte le condanne per concorso esterno alla mafia
Non tutti i condannati per concorso esterno in associazione di stampo mafioso possono invocare la sentenza europea "Contrada" per azionare la cosiddetta "revisione europea" della sentenza italiana o l'incidente di esecuzione della pena. Così le sezioni Unite penali della Corte di cassazione con la sentenza n. 8544/2020, depositata ieri, hanno risolto il dubbio giurisprudenziale sugli effetti dispiegati sul caso singolo dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Le decisioni "pilota" della Cedu - Le sezioni Unite penali affermano che due sono i presupposti per l'invocabilità in altre controversie di una pronuncia europea pronunciata su un caso italiano:
- l'essere stata definita nell'ambito della giurisprudenza sovranazionale come sentenza "pilota" e
- il riscontro di una lacuna strutturale all'interno dell'ordinamento nazionale rilevata dal giudice europeo.
In assenza di tali presupposti - spiegano le sezioni Unite - la via principale resta quella del rinvio pregiudiziale alla Corte costituzionale italiana. O la proposizione direttamente alla Corte europea dei diritti dell'Uomo della specifica vicenda.
Il reato in questione - Tornando alla vicenda concreta risolta con la sentenza di ieri, la Cassazione esclude l'applicazione estensiva della decisione del 2015 sulla causa Contrada contro lo Stato italiano «nei confronti di coloro, che estranei a quel giudizio, si trovino nella medesima posizione quanto alla prevedibilità della condanna per il reato di concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, in quanto la sentenza non è una sentenza pilota e non può considerarsi espressione di una giurisprudenza europea consolidata». Non passa neanche l'argomento sulla prevedibilità della responsabilità penale di una condotta tenuta dall'agente affinché sia stata rilevata la sua antigiuridicità. Infatti, non basta invocare un'oscillazione giurisprudenziale per affermare l'incertezza di una fattispecie penale. Il reato che viene in questione con la pronuncia delle sezioni Unite è frutto dell'incrocio tra l'articolo 416 bis che istituiva un reato a sé per colpire le associazioni "mafiose" in Italia (voluto dai giudici antimafia di allora) e l'articolo 110 del codice penale che prevede la punibilità per chi concorre in un reato. Non si tratta quindi - come sostenuto dal ricorso - di un'illegittima elaborazione giurisprudenziale che ha codificato una fattispecie di reato. Anche se gli orientamenti dei giudici non sono affatto privi di rilievo nell'applicazione del diritto e anzi la realizzano, anche s e non in maniera sempre univoca. E la stessa Corte europea dei diritti dell'Uomo - dando rilevanza al ruolo della giurisprudenza nella sentenza Contrada - indica il 1994 come anno spartiacque sulla ravvisabilità del reato di concorso esterno ed è l'anno della decisione sul caso Demitry risolto dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione: non alla condanna per fatti precedenti quell'anno.
Corte di cassazione – Sezioni Unite penali – Sentenza 3 marzo 2020 n. 8544