Penale

La sentenza del Tribunale di Milano sulla vicenda "Derivati MPS": responsabilità dell'Organismo di Vigilanza

Nota a sentenza: Tribunale di Milano, Sez. II, sentenza n. 10748 del 7 aprile 2021

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di Fabrizio Ventimiglia e Giorgia Mancuso *


Con la sentenza in commento, il Tribunale di Milano si è pronunciato sul caso "Derivati MPS" affermando alcuni importanti principi di diritto in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001.

Il Tribunale ha ribadito che, in virtù della peculiare natura giuridica della responsabilità di cui al Decreto n. 231/2001, l'ente è chiamato a rispondere degli illeciti commessi dagli imputati in qualità di apicali statutari che, agendo nell'interesse o vantaggio dello stesso, "concorrono – nell'esercizio di funzioni di rappresentanza e amministrazione – alla formazione della volontà dell'ente in base alla teoria dell'immedesimazione organica che fonda l'imputazione della condotta dell'organo alla persona giuridica".

Questa in sintesi la vicenda processuale.

La vicenda vedeva coinvolta una Società di credito chiamata a rispondere degli illeciti amministrativi di cui agli artt. 25-ter D. Lgs. n. 231/2001, in relazione al delitto di false comunicazioni sociali delle società quotate ex art. 2622 c.c., e 25-sexies, per il reato di manipolazione del mercato ai sensi dell'art. 185 T.U.F.

Come chiarito dal Tribunale, l'imputazione ai sensi del D. Lgs. 231/2001 derivava dal fatto che le finalità, implicite ai reati commessi, consistevano nel garantire alla Banca ingiusti profitti, ottenuti con l'alterazione dei bilanci attraverso l'erronea contabilizzazione delle operazioni strutturate. Nel caso di specie, la manipolazione rispondeva alla necessità di offrire agli investitori un rassicurante scenario societario che ispirasse affidabilità e fiducia, in termini di patrimonio e, in generale, di stabilità. La condotta fraudolenta consisteva, infatti, nell'evitare che potessero rendersi noti i "rischi connessi all'esposizione in derivati di credito che avrebbero esposto la Banca alle imprevedibili oscillazioni di mercato, destinate a impattare sul risultato d'esercizio".

Il Tribunale, nel riconoscere la responsabilità della Banca, ha espresso un giudizio di inidoneità del Modello adottato. Nel dettaglio, come emerge dalla sentenza, alcuni reati sono stati commessi prima dell'attività di aggiornamento che ha investito il Codice Etico e il Modello Organizzativo. Per tale motivo i Giudici hanno ritenuto che la Società, fino a quel momento, non fosse provvista di un Modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire il rischio di commissione di reati.

La sentenza in oggetto ha altresì vagliato il regime di responsabilità dei membri dell'Organismo di Vigilanza nominato ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), D. Lgs. 231/2001, ribadendo l'importanza della "effettività degli autonomi poteri di controllo" dell'Organismo nonché della concreta indipendenza dei suoi componenti. Nel caso di specie, nonostante la comprovata professionalità e continuità d'azione dell'OdV, il Tribunale ha rilevato un difetto di vigilanza con riguardo alle operazioni oggetto del procedimento, pur in presenza di molteplici segnali d'allarme, tra cui le stesse notifiche degli atti di indagine.

Per il Collegio "l'Organismo di Vigilanza, pur munito di penetranti poteri di iniziativa e controllo, ivi inclusa la facoltà di chiedere e acquisire informazioni da ogni livello e settore operativo della Banca, avvalendosi delle competenti funzioni, ha omesso i dovuti accertamenti – funzionali alla prevenzione dei reati indisturbatamente reiterati – nonostante la rilevanza del tema contabile, già colto nelle ispezioni di Banca d'Italia, di cui lo stesso OdV era a conoscenza, e persino assurto a contestazione giudiziaria".

Dalla sentenza, emerge come all'Organismo di Vigilanza sia stato mosso un rimprovero per non aver preso le necessarie iniziative per impedire il verificarsi dei reati-presupposto. Invero, l'attività dell'Organismo è finalizzata alla prevenzione di tali illeciti, ma il controllo non può interessare solo quei fatti-reato già verificatisi bensì avere ad oggetto anche l'impedimento di tutte quelle condotte criminose che integrano la responsabilità amministrativa degli enti. Ebbene, i doveri di vigilanza dell'Organismo rappresentano un idoneo strumento destinato a reprimere gli eventi delittuosi, sicché eventuali inadeguatezze del Modello Organizzativo o azioni poste in violazione dello stesso, costituiscono la premessa per l'attuazione dei poteri impeditivi che fanno capo all'Organismo.

Invero, secondo i Giudici, non è rispondente ai doveri dell'Organismo "assistere inerte agli accadimenti, limitandosi a insignificanti prese d'atto, che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe scongiurato". Da ciò, il Tribunale di Milano non ha potuto che rilevare "l'omessa – o almeno insufficiente – vigilanza da parte dell'Organismo […] fonda la colpa di organizzazione di cui all'art. 6 D. Lgs. 231/2001".

* a cura dell'Avv. Fabrizio Ventimiglia e dell'Avv. Giorgia Mancuso (dello Studio Legale Ventimiglia)

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