Lavoro

La “stretta” del legislatore sul regime impatriati: nuove regole in vigore dal 2024

Il nuovo regime presenta notevoli differenze, non soltanto rispetto alla previgente versione, ma anche rispetto allo schema di decreto delegato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 16 dicembre

Green Italy highway sign on Cloud Background.

di Marco Sandoli, Karim Elsisi*

L’articolo 5 del d.lgs. n. 209/2023 (c.d. decreto in materia di fiscalità internazionale ) ha disposto l’abrogazione del precedente regime agevolativo per i c.d. lavoratori impatriati (previsto all’articolo 16 del d.lgs. n. 147/2015, così come modificato dall’articolo 5 del d.l. n. 34/2019), introducendo nuove disposizioni più restrittive rispetto alle precedenti, che rischiano di minare la portata attrattiva che ha sin qui caratterizzato l’agevolazione.

Il nuovo regime impatriati presenta notevoli differenze, non soltanto rispetto alla previgente versione, ma anche rispetto allo schema di decreto delegato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 16 dicembre.

L’agevolazione si applica – nella sua nuova veste – ai contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 2 del d.p.r. n. 917/1986 in relazione ai rispettivi redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, nonché ai redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

La lista dei redditi agevolabili (che, specularmente alla previgente disciplina, devono essere prodotti in Italia per ricadere nel regime di favore) non contempla più né i redditi d’impresa, né i redditi di lavoro autonomo diversi da quelli prodotti dall’impatriato nell’ambito della propria attività professionale o nell’esercizio di un’arte. Tale restrizione relativa ai redditi di lavoro autonomo è stata aggiunta nella versione finale del provvedimento (non essendo presente nello schema di decreto delegato del 16 dicembre).

Il nuovo regime prevede un abbattimento della base imponibile IRPEF pari al 50 per cento (precedentemente pari al 70 per cento) su un ammontare di reddito non superiore a 600.000 euro su base annua, eliminando la maggiore detassazione al 90 per cento prevista per i casi di trasferimento di residenza nelle regioni del sud d’Italia. 

Tale nuovo regime resta inoltre soggetto alle limitazioni in tema di Aiuti di Stato de minimis che fa sì che per i soli lavoratori autonomi il beneficio in termini di minori imposte pagate non possa comunque superare Euro 300.000 (il limite è stato aumentato da Euro 200.000 a partire dal 1° gennaio 2024) su base triennale. L’abbattimento dell’imponibile fiscale può arrivare al 60 per cento qualora il lavoratore si trasferisca in Italia con un figlio minore o in caso di nascita di un figlio, ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime.

L’agevolazione è concessa a condizione che il contribuente:

• nei 3 periodi d’imposta precedenti sia stato iscritto all’AIRE o sia stato fiscalmente residente in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi;

• si impegni a mantenere la residenza fiscale in Italia per almeno 4 periodi d’imposta;

• svolga la propria attività lavorativa prevalentemente in Italia; e

• sia in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal d.lgs. n. 108/2012 e dal d.lgs. 206/2007.

Quest’ultima condizione, presente nell’originaria versione dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147/2015 e abolita nel 2019, è integrata da coloro i quali risultano in possesso di un diploma di laurea (almeno triennale), dei requisiti per l’accesso ad una professione regolamentata o, comunque, di un titolo di studio attestante il conseguimento di una qualifica professionale che rientri nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011 (che include, tra le altre, molte figure professionali del mondo dello spettacolo, del cinema e del teatro).

Il nuovo regime impatriati ammette la possibilità di applicazione dell’agevolazione anche per i redditi di lavoro dipendente percepiti dai lavoratori che si trasferiscono in Italia sulla base di un rapporto di lavoro instaurato con lo stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all’estero o con un soggetto appartenente al medesimo gruppo societario, superando così il divieto (in chiave antielusiva) originariamente previsto nello schema di decreto approvato lo scorso 16 dicembre.

Sul punto, la nuova norma chiarisce che i soggetti appartenenti allo stesso gruppo sono quelli tra i quali sussiste un rapporto di controllo diretto o indiretto ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, ovvero che, ai sensi della stessa norma, sono sottoposti al comune controllo diretto o indiretto da parte di un altro soggetto.

Per i lavoratori impatriati che fanno rientro in Italia alle dipendenze del medesimo datore di lavoro o di un datore facente parte dello stesso gruppo del precedente, è prevista un’estensione del periodo minimo di permanenza estera, innalzato a 6 annualità d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, ovvero 7, se il lavoratore è stato impiegato in Italia da uno di questi soggetti prima del suo trasferimento all’estero.

La nuova normativa limita a 5 periodi d’imposta la durata del beneficio fiscale, eliminando le differenti durate previste dal previgente regime.

Resta ferma, nel caso in cui il lavoratore non mantenga la residenza fiscale in Italia per 4 periodi d’imposta, la decadenza dai benefici fiscali ed il recupero di quelli già fruiti, con applicazione dei relativi interessi.

Il nuovo regime si applica in favore dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024, con integrale applicazione della nuova disciplina sin qui descritta.

Tuttavia – al fine di tutelare il legittimo affidamento di coloro che avevano già da tempo programmato il rientro in Italia, anche in ragione della possibilità di fruire dell’agevolazione – è stato previsto che coloro i quali hanno trasferito la propria residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023, ovvero i titolari di rapporti di lavoro sportivo che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data, avranno la possibilità beneficiare dell’agevolazione alle (più favorevoli) condizioni della disciplina abrogata.

In accoglimento del parere formulato dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati, il legislatore ha altresì previsto un secondo regime transitorio a favore dei soggetti che trasferiranno in Italia la propria residenza anagrafica nell’anno 2024 e che hanno acquistato, entro il 31 dicembre 2023 e, comunque, nei 12 mesi precedenti al trasferimento, un immobile in Italia adibito ad abitazione principale. A questi ultimi è concessa la possibilità – ferma l’applicabilità dell’agevolazione nei termini e alle condizioni previste dal nuovo regime – di beneficiare dell’agevolazione per un ulteriore periodo di 3 periodi d’imposta (per un totale di 8 annualità, tra durata ordinaria e proroga).

Rimangono esclusi dalla nuova agevolazione i c.d. impatriati sportivi, sulla base di una scelta che il MEF ha giustificato in ragione dell’impatto negativo che il “vecchio” regime ha avuto sui settori giovanili delle squadre italiane.

Nel nuovo regime impatriati non sono previste agevolazioni per i titolari di rapporto di lavoro sportivo, a meno che questi non siano in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione richiesti per la generalità dei lavoratori.

Salvo il regime transitorio di cui si è dato conto, non sono state previste – come invece inizialmente proposto – né una agevolazione (sotto forma di credito d’imposta) a favore delle società per i rapporti di lavoro sportivo instaurati a partire dal 1° gennaio 2024, né un ulteriore proroga al 29 febbraio 2024 per fruire della “vecchia” agevolazione.

Con riferimento al regime di favore per docenti e ricercatori, come confermato dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 209/2023, restano ancora in vigore gli incentivi stabiliti dall’articolo 44 del d.l. n. 78/2010 (ossia, l’esclusione dall’imponibile fiscale del 90% dei redditi da lavoro dipendente o autonomo per gli accademici che fanno rientro in Italia).

_____

*A cura dell’Avv. Marco Sandoli, Dott. Karim Elsisi - Di Tanno Associati

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©