Lavori in condominio, sì all’indennità per il proprietario del giardino occupato dai “ponteggi”
Lo ha chiarito la Cassazione affermando che l’indennità spetta per il solo fatto della preclusione della potenziale facoltà di uso del fondo
In caso di occupazione del giardino a causa si lavori sulla facciata, determinandone così l’impossibilità di utilizzo, il proprietario ha diritto ad un indennizzo determinabile in via equitativa per il mancato utilizzo del fondo. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 32707 depositata il 16 dicembre.
La Corte di merito invece aveva bocciato la richiesta condanna del Condominio e/o della società appaltatrice al pagamento di un’indennità per l’occupazione per cinque mesi del giardino ritenendo che i danneggiati non avessero dato la prova del danno.
Secondo la Seconda sezione civile il danno-evento avrebbe dovuto essere identificato nel fatto stesso dell’occupazione, e quindi nella sua impossibilità di utilizzazione, quale circostanza legittimante del diritto al conseguimento di un’adeguata indennità ex articolo 843, secondo comma, c.c. (secondo cui “se l’accesso cagiona danno, è dovuta una adeguata indennità”). La responsabilità da atto lecito avrebbe, dunque, dovuto ritenersi integrata per il fatto stesso che il transito e l’accesso (obligatio propter rem) avessero determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato (danno-evento), consistente nella persistente occupazione dell’area per tutto il corso dei lavori, indipendentemente dalla dimostrazione della sua entità (danno-conseguenza), alla cui determinazione si sarebbe dovuto procedere in via equitativa, in mancanza di elementi obiettivi da cui desumerne la misura.
L’equivoco sulla prova del danno si annida, dunque, prosegue la decisione, nella discriminazione tra danno-evento (che deve essere provato) e danno-conseguenza (che è ricavabile in via presuntiva). E allora, tornando al caso concreto, la prova dell’occupazione del giardino per il tempo dei lavori condominiali, avrebbe giustificato il riconoscimento di una “adeguata indennità” (più che di un risarcimento del danno in senso stretto), per il solo fatto che fosse stata preclusa la “potenziale” facoltà di uso a proprio vantaggio dell’area.
Da qui l’enunciazione del seguente principio di diritto: “In materia di rapporti di vicinato, la previsione speciale dell’art. 843 c.c. configura un’obbligazione propter rem, cui corrisponde l’obbligo per il vicino di versare un’adeguata indennità, da liquidare in via equitativa, quale conseguenza presunta della raggiunta prova del danno da occupazione temporanea dell’area in cui è avvenuto l’accesso, anche per il solo fatto della preclusione della potenziale facoltà di uso del fondo”.
Sarà la Corte d’Appello a dover determinare l’ammontare dell’indennità dovuta.