Le sezioni Unite mettono a fuoco la responsabilità civile del magistrato
Con la recente sentenza n°11747 del 3 maggio 2019 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno enunciato magistrali principi in tema di responsabilità civile dei magistrati.
Nucleo fondante della autorevole risoluzione è il discrimine tra attività interpretativa insindacabile del giudice e la violazione di legge determinata da negligenza inescusabile del magistrato.
La possibile negligenza del magistrato - Evidenziano le SS.UU. che i casi sanzionabili non sono riconducibili a impegno interpretativo consapevole, giustificato, diligente, professionale, ma si collocano in un terreno in cui l'attività svolta dal giudice, per la sua arbitrarietà, superficialità, frettolosità, per il suo scollamento da categorie giuridiche, non può essere qualificata come frutto di legittima interpretazione, come tale insindacabile, ma sconfina nell'invenzione, nell'abnormità, nel "diritto libero". Numerose sono le sentenze che definiscono la negligenza inescusabile, come "non spiegabile" e tale da determinare, una violazione evidente, grossolana, macroscopica della lettura dei fatti e delle norme applicate, o una lettura in contrasto con un criterio logico, oppure l'adozione di scelte aberranti nella ricostruzione dei fatti o della volontà del legislatore, o ancora la manipolazione abusiva del testo normativo, o infine lo sconfinamento dell'interpretazione in un giudizio arbitrario spesso sotto il paravento di decisioni "equitative" pur in presenza di parametri di valutazione desumibili da fatti e discipline scientifiche.
L'interpretazione consapevole del magistrato - La norma giuridica trova la sua fonte di produzione nella legge. Nel quadro degli equilibri, i giudici sono estranei al circuito di produzione delle norme giuridiche, il che realizza la garanzia della indipendenza funzionale del giudice, nel senso che nel momento dell'applicazione e della previa interpretazione, è fatto divieto a qualsiasi altro soggetto o autorità di interferire nella decisione sul caso concreto. Questo precetto impedisce di attribuire all'interpretazione della giurisprudenza, il valore di fonte del diritto. Evidenziano le Sezioni Unite che non essendo quello italiano un ordinamento di common law, il discostarsi dal precedente, anche se dotato dell'autorevolezza di una pronuncia di legittimità, non può costituire fonte di responsabilità civile del magistrato, perché il precedente pur autorevole, non va ad integrare il precetto normativo e quindi non può costituire violazione di legge. Naturalmente, in un sistema che valorizza l'affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, l'adozione di una soluzione non in linea con i precedenti, non può essere né gratuita, né immotivata, né immeditata: in una parola, deve essere frutto di scelta interpretativa consapevole e riconoscibile come tale e a questo scopo deve essere comprensibile, e tale diviene se esplicitata con una motivazione priva di assunti apodittici o frutto di deduzioni attraverso strumenti interpretativi fuori dal diritto, ad esempio attraverso visioni soggettive della fattispecie, disapplicando parametri codificati, legali, scientifici.
Motivazione e responsabilità del magistrato - La decisione del giudice per poter essere giusta e persuasiva deve anche rendere riconoscibile all'esterno la correttezza giuridica del ragionamento decisorio. In tal modo la motivazione rende palese che la decisione è effetto di una scelta interpretativa cosciente delle norme che regolano i fatti di causa, e in quanto tale sottratta all'area della responsabilità civile del magistrato. Quando poi la diversità di scelta interpretativa è diversa anche rispetto a quanto sostenuto dalle parti, necessita suscitare il contraddittorio sui fatti e l'assunzione di accertamenti e verifiche tecniche e scientifiche. L'esistenza di una motivazione non meramente formale o assertiva è lo strumento attraverso il quale un percorso di ricerca di giustizia trova la propria logica e quindi garantisce che la soluzione adottata argini sindacabilità e responsabilità del magistrato. Di talché può parlarsi di negligenza inescusabile del magistrato non solo sulla base della mera non conformità della decisione a diritto, ma anche in quanto, tenuto conto delle ragioni con le quali il giudice abbia motivato detta decisione, essa non fornisca una giustificazione razionale sul piano della interpretazione logico-legale e non soggettiva, dei fatti e delle norme. In altre parole la presenza di una motivazione di per sé non è sufficiente ad evitare la responsabilità del magistrato, qualora essa, benché materialmente inserita nel testo ed articolata, si riveli o meramente apparente o prodotto di una scelta solo esteriormente interpretativa, in realtà aberrante, in quanto va, senza alcuna razionale decifrazione col paradigma del diritto e delle discipline scientifiche, oltre o contro la realtà fenomenologica dei fatti venuti in essere e i loro effetti.
Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili – Sentenza 3 maggio 2019 n. 11747