Penale

Legge 231: se la misura interdittiva “cade”, appello dell'ente inammissibile solo con contraddittorio

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di Patrizia Maciocchi

In caso di revoca delle misure interdittive per le azioni riparatorie messe in campo dall'ente in base alla 231/2001, il giudice non può considerare inammissibile l'appello cautelare senza contraddittorio. Le Sezioni unite, con la sentenza 51515, sbarrano la strada alla possibilità di dichiarare “de plano” l'inammissibilità dell'appello cautelare, perché la revoca della misura - nello specifico divieto di trattare con la Pa - in seguito a cauzione non fa venire meno l'interesse ad impugnare per verificare la fondatezza della contestazione che ha portato all'adozione del provvedimento. Un verdetto favorevole all'ente può avere, infatti, più di una ricaduta positiva, ad iniziare ad esempio dal diritto alla restituzione della cauzione versata al momento della sospensione della misura poi revocata. E lo stesso vale nel caso di messa a disposizione del profitto per beneficiare del trattamento premiale. Nel caso risultasse l'insussistenza dei presupposti il giudice dovrebbe disporre la restituzione delle somme. Le Sezioni unite, sottolineano, come le misure interdittive adottate nei confronti delle aziende abbiano pesanti conseguenze sia sul piano economico sia occupazionale, ragione per cui l'ente può volerle “stoppare” con un'azione compensativa a prescindere dalla fondatezza dell'offesa. Nell'escludere dunque ogni automatismo tra revoca e sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione, il Supremo collegio ricorda che una verifica nel “merito” può scongiurare anche l'insorgere di effetti dannosi per l'azienda, come la comunicazione della misura all'autorità di controllo e di vigilanza sull'ente, come prescritto dalla 231 (articolo 84). La decisione di sottrarre la dichiarazione di inammissibilità alle forme semplificate, è in linea anche con il nuovo codice di rito penale disegnato dalla legge 103/2017. La norma regola i casi in cui la Cassazione può dichiarare l'inammissibilità del ricorso senza formalità di procedura, limitandola ai casi di inammissibilità formali: dal difetto di legittimazione, all'inosservanza dei termini per impugnare. Mentre per le altre cause di inammissibilità, come la mancanza di interesse, deve essere seguito il procedimento ordinario previsto dall'articolo 610, comma 1 del codice di procedura penale. La conclusione raggiunta dalle sezioni unite è legittima anche alla luce delle sentenze della Cedu sul diritto di accesso al tribunale. La via da seguire è dunque quella della fissazione dell'udienza camerale, con avviso alle parti, in modo da mettere la società nella condizione di spiegare le ragioni dell'interesse ad ottenere una decisione sulla legittimità del provvedimento cautelare, anche se è stato revocato nel corso del procedimento.

Corte di cassazione - Sezioni unite - Sentenza 14 novembre 2018 n.51515

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