Civile

Legge Pittella: difesa del contribuente solo se riceve pignoramento. Il punto chiave della Cassazione

Nota alla decisione n. 2617 del 27 gennaio 2023

di Angelo Lucarella *

"È ammissibile tale interesse ad agire solo se vi sia un pregiudizio, come una notifica di una intimazione ad agire oppure un pignoramento in corso (oppure, per i processi non tributari, che sia maturata la prescrizione dopo la notifica della cartella)".

La Cassazione, dopo la famosa sentenza a Sezioni Unite di settembre scorso n. 26283/2022, è tornata sulla questione della impugnabilità delle cartelle oggetto di consegna di "estratti di ruolo" con la decisione n. 2617 dep. 27.01.2023.

Quest'ultima confina, senza mezzi termini, il contribuente ad una posizione di carenza d'interesse a difendersi: in buona sostanza, in virtù dell'entrata in vigore della c.d. "legge Pittella" (che prende il nome dal proponente l'emendamento in sede parlamentare), avviene una sorta di spoglio della difesa preventiva in termini di accertamento della pretesa esattoriale; carenza d'interesse viva fino a quando non sia notificato un atto nuovo dell'amministrazione con ci sia manifestata la volontà al recupero erariale.

Ciò significa che i contribuenti che hanno avviato un contenzioso prima dell'avvento della legge Pittella, per effetto dell'ex art. 3 bis della legge 215/2021, si vedranno dichiarare inammissibile a ritroso il tutto. Chi, invece, ha proposto ricorso in costanza dell'entrata in vigore della legge suddetta sa che deve aver rispettato i requisiti previsti dalla norma che la Cassazione a Sezioni Unite, peraltro, ha rimarcato nell'ottica per cui "La prima disposizione del comma 4-bis dell'art. 12 del d.P.R. n. 602/73 è ricognitiva della natura dell'estratto di ruolo, mero elaborato informatico contenente gli elementi della cartella, ossia gli elementi del ruolo afferente a quella cartella, che non contiene pretesa impositiva alcuna, a differenza del ruolo, il quale è atto impositivo, in quanto tale annoverato dall'art. 19 del d.lgs. n. 546/92 tra quelli impugnabili: sulla distinzione si sono soffermate queste sezioni unite (con la già citata sentenza n. 19704/15) e non constano voci dissonanti (in linea, anche l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4/22 )".

Il sistema impugnatorio, poi, del regime tributario è il perno attorno al quale i giudici capitolini della Suprema Corte hanno fissato un paletto ulteriore riguardo all'interpretazione data dalle Sezioni Unite mesi prima. La direzione è nel senso che "il modello del giudizio tributario si fonda sull'esistenza di un atto del fisco da impugnare" e secondo l'evoluzione giurisprudenziale intervenuta soprattutto negli ultimi anni (partendo in primis dalla Cassazione a Sezioni Unite n. 19704/2015) "l'estratto di ruolo non è un atto impugnabile", ma un semplice elaborato informatico.

Ragionamento che, nella sentenza in analisi, ha spinto i giudici di legittimità a cristallizzare il principio per cui "il ruolo non ha una sua realtà materiale" se non nella cartella esattoriale. Inoltre la Cassazione, limitando la qualificazione ruoriale in tali termini, spiega come l'estratto di ruolo, al netto del tenore nuovo della legge Pittella e benché sia stato e sia il tramite per il contribuente della conoscenza di cartelle imputate a suo carico (ove ne ritenga la relativa notificazione mai avvenuta o nulla), implicitamente sottenda una stortura del sistema ordinamentale che di riflesso si associa ad una disparità di trattamento tra cittadini.

In pratica, a differenza del rito civilistico ordinario e di quello del lavoro, il processo tributario "ha in sé una azione impugnatoria (precisamente è una azione costitutiva estintiva o modificativa)" cosicché risulti improponibile l'accertamento preventivo od anticipatorio.

La decisione in esame, quindi, non altro stadia (seppure non esplicitandolo) come la normazione in vigore per le cause da estratto di ruolo sia affetta da una probabile illegittimità costituzionale.

*a cura di Angelo Lucarella

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