Lavoro

Legittimo il licenziamento per abuso dei permessi 104 verificato tramite investigatore privato

La Suprema Corte conferma la legittimità dei controlli finalizzati ad accertare, non già lo svolgimento dell'attività lavorativa del dipendente, quanto il compimento di atti illeciti non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale

di Alberto De Luca, Raffaele Di Vuolo*

La Corte di Cassazione ha recentemente confermato che l'utilizzo "abusivo" dei permessi per l'assistenza a familiari disabili di cui all'art. 33, co. 3, della legge n. 104 del 1992, non solo giustifica il licenziamento, ma può essere accertato anche per il tramite di investigatori privati.

Nel caso di specie ( Corte di Cassazione, Sezione 6 L, Civile, Ordinanza, 16 giugno 2021 n. 17102) il lavoratore aveva impugnato il licenziamento per giusta causa comunicato dalla società che, a seguito di un controllo investigativo, aveva accertato che il dipendente, durante le giornate in cui aveva usufruito di giorni di permesso ex Legge 104/1992 per assistere la madre, aveva svolto attività incompatibili con l'assistenza del genitore (andando a fare la spesa e dedicandosi ad attività ricreative).

Il licenziamento veniva confermato dai giudici di merito, i quali ritenevano legittima la risoluzione in tronco del rapporto di lavoro dal momento che le violazioni "dolosamente gravi" poste in essere dal dipendente non consentivano la prosecuzione temporanea del rapporto di lavoro essendo lesive del vincolo fiduciario che lega le parti del rapporto medesimo.

Inoltre, i giudici hanno riconosciuto la liceità dell'attività investigativa condotta dalla società in relazione alla verifica della sussistenza di atti illeciti compiuti dal dipendente durante la fruizione dei permessi.

Avverso tale decisione il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, censurando la decisione di merito principalmente sulla liceità degli accertamenti svolti dalla società, poiché quest'ultima non aveva informato il dipendente in merito ai controlli effettuati e alle modalità di esercizio degli stessi da ritenersi, quindi, lesivi della dignità del lavoratore e della normativa in materia di privacy.

Sul punto, la Corte di Cassazione richiamando alcuni precedenti intervenuti su analoga questione (Cassazione n. 15094 del 11 giugno 2018, Cassazione n. 11697 del 17 giugno 2020) ha confermato la legittimità dei controlli in quanto gli stessi erano finalizzati ad accertare non già lo svolgimento dell'attività lavorativa del dipendente quanto il compimento di atti illeciti del dipendente, non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale.

Inoltre, ad avviso della Corte, nessun rilievo può assumere il fatto che l'assistenza sia avvenuta o meno durante le ore in cui il lavoratore avrebbe dovuto prestare l'attività lavorativa dal momento che l'assenza dal lavoro per usufruire di permesso ai sensi della L. n. 104 del 1992 deve porsi in relazione causale diretta con lo scopo di assistenza al disabile, con la conseguenza che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell'Ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari.

In conclusione, tale decisione si pone in linea con i precedenti intervenuti in materia di controlli investigativi dal momento che come già affermato dalla Cassazione i controlli del datore di lavoro riguardanti l'attività lavorativa del prestatore demandati ad agenzie investigative possono essere ritenuti pienamente leciti, ove non riguardino l'adempimento della prestazione lavorativa o, ancora, quando siano finalizzati alla verifica di comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolenta.

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*A cura degli Avv. ti Alberto De Luca– Partner /Raffaele Di Vuolo, – Associate, De Luca & Partners

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