Lavoro

Legittimo il licenziamento per G.M.O. motivato dalla sostituzione del dipendente con l’intelligenza artificiale

Il Tribunale di Roma, chiamato a pronunciarsi su un caso di licenziamento motivato dall’introduzione in azienda di un sistema algoritmico, ha avuto modo di chiarire che anche in situazioni di sostituzione dell’uomo con la macchina continuano a trovare piena applicazione i principi e le regole già previste dall’ordinamento

di Gaspare Roma, Ilaria Uletto*

L’avanzata dell’intelligenza artificiale ha alimentato, nella maggior parte dell’opinione pubblica, il timore di perdere il proprio lavoro, oggi potenzialmente eseguibile – e talvolta in modo più efficiente – dalle macchine.

È ormai evidente che gli algoritmi, da un lato, stanno progressivamente sostituendo l’intervento umano nelle attività a basso valore aggiunto, ripetitive e routinarie; dall’altro, stanno generando nuove opportunità professionali legate alla gestione, allo sviluppo e al corretto utilizzo dei sistemi di IA.

Uno dei primi casi giurisprudenziali di sostituzione dell’uomo con la macchina è stato affrontato dalla sentenza n° 9135 del 19 novembre 2025 pronunciata dal Tribunale di Roma, che ha ritenuto legittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo motivato dall’introduzione, in azienda, di un sistema di intelligenza artificiale incaricato di svolgere attività fino ad allora affidate al personale umano.

La vicenda oggetto del giudizio

Nel caso esaminato dal Tribunale di Roma, una dipendente con mansioni di graphic designer era stata licenziata per giustificato motivo oggettivo in data 2 maggio 2023, a seguito di una riorganizzazione aziendale che aveva comportato la soppressione della sua posizione lavorativa.

In particolare, la società-datrice di lavoro era stata costretta a procedere alla menzionata riorganizzazione in ragione della crisi economico-finanziaria subita negli anni 2022-2023, nel corso della quale è stata presa la decisione strategica di efficientare la struttura organizzativa, eliminando e/o ridimensionando tutti i settori non necessari all’attività principale svolta dalla società, in ottica di riduzione dei costi.

Infatti, l’impresa presso cui operava la dipendente era attiva principalmente nei settori dello “sviluppo software”, “Cyber security” e “Cyber intelligence”; la lavoratrice non aveva alcuna competenza in tali aree e svolgeva mansioni di design, attività meramente ancillari e complementari rispetto al core business della società.

Per le ragioni anzidette, le mansioni di graphic designer della dipendente erano state, in parte, ridistribuite tra il personale già in forza presso la società – affidandole, in particolare, al team leader del settore marketing e al Marketing Manager – e, in parte, assegnate ai sistemi di intelligenza artificiale (a supporto dell’attività svolta dalle risorse umane), con conseguente soppressione della posizione lavorativa della dipendente.

La decisione del Tribunale di Roma: come applicare la normativa giuslavoristica nell’era dell’IA

A seguito del ricorso della dipendente avverso il licenziamento – di cui veniva contestata la legittimità per insussistenza di ragioni alla base dello stesso –, il Tribunale di Roma ha affermato che la sostituzione dell’uomo con il sistema di intelligenza artificiale, se non dovuto a una scelta arbitraria e se motivato da una reale motivazione oggettiva (ossia un effettivo risparmio di costi, una maggiore rapidità e una buona qualità del prodotto), può essere posta a fondamento di un legittimo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ex art. 3 L. n° 604/1966.

In particolare, il Tribunale ha affermato che il licenziamento per soppressione della posizione lavorativa in ragione della sostituzione di un dipendente con l’intelligenza artificiale è legittimo se: (i) sussiste una crisi economico-finanziaria che richiede una riorganizzazione delle attività; (ii) è presente un concreto nesso logico tra la riorganizzazione e il licenziamento; e (iii) vi è impossibilità di repêchage. In sostanza, la sostituzione del lavoratore con i sistemi di intelligenza artificiale, non modifica i principi tradizionali che regolano i licenziamenti per soppressione del posto di lavoro, che trovano, quindi, applicazione, anche con riguardo alle nuove tecnologie.

Ebbene, nel caso di specie, è emerso – anche grazie all’istruttoria – che tutti i requisiti di cui sopra erano stati rispettati; infatti, negli anni 2022-2023, la società aveva subito una crisi economico-finanziaria, ossia una ragione organizzativa e produttiva che aveva reso necessaria una riorganizzazione aziendale, finalizzata alla riduzione dei costi e condotta mediante l’eliminazione e/o ridimensionamento dei settori marginali rispetto al business principale della società. Tale decisione strategica aveva condotto al licenziamento della lavoratrice (addetta ad un business non centrale), anche considerando che – nonostante attenta valutazione – non erano state rinvenute ulteriori posizioni lavorative alla quale la dipendente potesse essere adibita, stante la mancanza in capo alla stessa di competenze nei settori core della società.

Pertanto, l’integrazione di sistemi di intelligenza artificiale nei processi produttivi aziendali può costituire una ragione valida alla base di un legittimo licenziamento, laddove le mansioni espletate dall’uomo vengano sostituite dall’algoritmo al fine di ridurre i costi e/o efficientare la struttura organizzativa.

Conclusioni

La sentenza n° 9135/2025 costituisce uno dei primi e più significativi esempi di come la normativa giuslavoristica attualmente in vigore venga applicata all’interno di un contesto profondamente trasformato dall’avvento e dalla diffusione capillare dell’intelligenza artificiale. Il Tribunale di Roma, chiamato a pronunciarsi su un caso di licenziamento motivato dall’introduzione in azienda di un sistema algoritmico in grado di svolgere mansioni precedentemente affidate a un lavoratore, ha chiarito che anche in situazioni di sostituzione dell’uomo con la macchina continuano a trovare piena applicazione i principi e le regole già previste dall’ordinamento.

Secondo il Tribunale, infatti, l’utilizzo dell’IA può legittimare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo solo laddove l’impresa dimostri l’esistenza di concrete, attuali e comprovate esigenze organizzative o produttive e purché sia esclusa ogni possibilità di ricollocare il dipendente in altre posizioni compatibili con le sue competenze. In altre parole, l’introduzione di tecnologie avanzate non crea un regime speciale né sospende le garanzie previste per il lavoratore: essa si inserisce nel quadro normativo esistente, che rimane il parametro di riferimento per valutare la legittimità delle scelte datoriali.

Tale pronuncia assume particolare rilievo se si considera che, mentre la società e il mercato del lavoro stanno attraversando una fase di trasformazione rapidissima, la legislazione italiana non ha ancora subito modifiche sostanziali per tenere conto delle nuove dinamiche introdotte dall’intelligenza artificiale. Ne deriva la necessità di elaborare nuovi criteri interpretativi e di adattare gli strumenti giuridici tradizionali a un contesto in continua evoluzione, nel quale l’interazione tra lavoro umano e sistemi automatizzati diventerà sempre più frequente e complessa.

In conclusione, la legislazione italiana non è mutata, mentre la società si sta evolvendo celermente: nuovi spunti interpretativi sono quindi richiesti per adattare la legislazione vigente al nuovo mondo del lavoro permeato dall’intelligenza artificiale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©