Penale

Libertà vigilata illegittima se non ci si può mai allontanare

La misura di sicurezza non può essere applicata se prevede un divieto assoluto di lasciare la struttura sanitaria

di Giovanni Negri

La libertà vigilata non si può convertire in una misura detentiva. Per questo non è legittima la misura di sicurezza con obbligo di dimora disposta a carico di un uomo accusato di stalking nei confronti di moglie e figlia se accompagnata da un divieto assoluto di allontanamento dalla comunità terapeutica senza l’autorizzazione del giudice o dei sanitari. In questo senso si è pronunciata la Cassazione con la sentenza n. 28575 della Quinta sezione penale, depositata il 14 ottobre.

Le condizioni

La Corte puntalizza da una parte che è legittima l’applicazione provvisoria della prescrizione della residenza temporanea in una struttura di recupero, accompagnata da un obbligo di residenza temporanea, ma le modalità di esecuzione non devono essere tali da snaturare la natura della misura di sicurezza, assimilandola nei fatti a un provvedimento detentivo.

In passato, sentenza n. 5083 del 2019, la Cassazione ha ritenuto di non dovere contestare la liberta vigilata provvisoriamente applicata nei confronti di un malato psichico ricoverato in una struttura sanitaria con divieto di allontanamento in determinate fasce orarie. Ma lo ha fatto, osserva ora la Corte, perchè i vincoli di presenza erano funzionali al programma di cura.

Il vincolo

Nel caso esaminato, invece, la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata con obbligo di dimora e di svolgimento di un programma di recupero è stata accompagnata da un divieto assoluto di allontanamento dalla struttura in assenza del via libera dei responsabili. Troppo, per la sentenza, che ritiene in questo modo eccessivamente compressa la libertà personale della persona interessata. Sconfessato da questa conclusione anche il tribunale del riesame che invece aveva evitato di pronunciarsi sui profili detentivi dell’applicazione della misura, limitandosi ad affermare in maniera troppo assertiva che «l’indagato non è soggetto ad alcuna limitazione assoluta della sua libertà di movimento, potendo uscire dalla comunità stessa».

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