Lavoro

Licenziamento collettivo valido anche se riguarda una sola unità produttiva

Ma la scelta deve essere giustificata da oggettive esigenze tecniche concordate con i sindacati

di Marcello Trombetta

Per individuare i lavoratori destinatari del licenziamento collettivo per riduzione del personale non è necessario che la comparazione investa l'intero complesso aziendale purché la restrizione dell'indagine a una singola unità produttiva sia giustificata da oggettive esigenze tecnico-produttive, coerenti con le indicazioni della comunicazione ex articolo 4, comma 3, della legge n. 223/1991 ed acquisite in sede di esame congiunto con le organizzazioni sindacali. Ricade così sul datore di lavoro l'onere della prova dei motivi di tale delimitazione. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21306 depositata il 5 ottobre 2020.

Il caso - Il dipendente impugnava il licenziamento collettivo intimatogli, dichiarato illegittimo in sede di reclamo dalla Corte d'appello, stante la violazione procedurale in cui era incorso il datore di lavoro per non aver illustrato la situazione specifica del personale delle altre unità produttive; circostanza ritenuta indispensabile per dimostrare l'inutilizzabilità dei lavoratori licenziati in altri settori, reparti o sedi aziendali e, quindi, per ritenere sorretta da idonea giustificazione la scelta di limitare la procedura a quella singola unità.
L'azienda ricorreva così in Cassazione lamentando l'errata interpretazione della legge n. 223 del 1991, atteso che la stessa richiederebbe che nella comunicazione di avvio della procedura vengano indicati solo i motivi di eccedenza del personale e quelli per cui si ritiene di non poter evitare il licenziamento collettivo, non essendo invece necessario procedere alla descrizione della situazione degli addetti agli altri siti produttivi.

La posizione della Cassazione - La Suprema Corte, rigettando il ricorso dell'azienda, ha innanzitutto ricordato che, secondo l'orientamento ormai consolidato, l'avvio alla mobilità o il licenziamento collettivo di cui alla legge n. 223 del 1991 possono essere effettuati delimitando la comparazione tra gli addetti, destinatari del provvedimento, a una singola unità aziendale.
Tuttavia, le esigenze tecnico – produttive ed organizzative che giustificano la scelta di circoscrivere l'ambito di applicazione del licenziamento ad una sola sede dell'azienda devono emergere già dalla comunicazione che dà avvio alla procedura, evidenziando come ricada sul datore di lavoro l'onere della prova dei motivi a fondamento di tale restrizione.
Non solo. I giudici di legittimità hanno rilevato che nella comunicazione ex articolo 4, comma 3 della legge n. 223 del 1991, devono essere indicate altresì le ragioni per cui non si possa ovviare al licenziamento mediante il trasferimento dei lavoratori ad altre unità produttive; l'azienda deve, in sostanza, palesare l'infungibilità del personale operante presso la sede interessata dal licenziamento.
Condividendo quanto esposto dalla Corte territoriale, la Suprema Corte ha evidenziato che tale circostanza può essere correttamente valutata solo esplicitando anche le specifiche condizioni lavorative degli addetti alle altre unità produttive.
La Cassazione ha, infine, precisato che il rigoroso onere di allegazione del datore di lavoro è dovuto alla particolarità della procedura di licenziamento collettivo che prevede un necessario confronto con le organizzazioni sindacali sui motivi della restrizione della platea dei lavoratori da comparare; è indispensabile che venga garantito un effettivo controllo sindacale sul punto sin dal primo momento utile, che non può che essere ricondotto alla comunicazione di avvio della procedura di cui all'articolo 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991.

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