Lavoro

Licenziamento disciplinare, valide le indagini se il dipendente in malattia è irreperibile

Confermata la decisione della Corte di appello dopo che la Corte di cassazione, sentenza n. 35023 depositata oggi, ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore perché tardivo

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di Francesco Machina Grifeo

Se il lavoratore in malattia è assente durante gli orari di reperibilità, il datore di lavoro è legittimato a demandare ad una agenzia investigativa, munita di regolare licenza, la verifica delle cause della mancata presenza del dipendente all’interno del domicilio nelle fasce orarie previste. Con questa motivazione la Corte d’appello di Roma aveva respinto il reclamo di un dipendente di Trenitalia licenziato per giusta causa nel 2017. Impugnata la decisione, la Corte di cassazione, sentenza n. 35023 depositata oggi, ha dichiarato il ricorso inammissibile perché presentato oltre i termini di legge.

La Sezione lavoro ripercorre comunque l’intera vicenda, pur senza prendere esplicita posizione. I fatti riguardavano un dipendente che, per periodi distinti, nell’arco di circa due mesi, mentre figurava formalmente in malattia, nei giorni di assenza adottava «uno stile di vita in cui si era normalmente dedicato alle incombenze personali, con particolare riguardo alla gestione del “… Pub”, in cui era stato visto portarsi nelle giornate del 6, 7, 8, 9, 20, 21, 22, 23, 24 giugno 2017 e 4, 6, 7 luglio 2017, accedendovi dall’ingresso dedicato ai dipendenti e palesandosi all’interno non come un semplice avventore, ma come gestore del personale ed affabile intrattenitore della clientela». Un simile comportamento, proseguiva il giudice di appello, non era certo idoneo “a favorire il suo pronto e pieno recupero dalla morbilità al fine di un quanto più celere rientro al lavoro in azienda”. Mentre “lo svolgimento di attività di gestione della predetta attività commerciale … anche fino a tarda notte”, rendeva chiaro il carattere strumentale del dichiarato stato di malattia, “in quanto la presenza nel pub era inconciliabile con l’orario di lavoro in azienda”. Infine, era contrario al Codice Etico di Gruppo “l’aver avviato un’attività lavorativa privata senza aver chiesto né tanto meno ricevuto autorizzazione dall’azienda”.

Trenitalia ha eccepito l’inammissibilità per tardività del ricorso, sul rilievo che, contrariamente a quanto riferito dal ricorrente, la sentenza era stata comunicata dalla Cancelleria della Corte d’appello di Roma. Rilievo fondato per la Corte che ricorda come: “Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore”.

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