Lavoro

Licenziamento illegittimo se prima il datore non gioca la carta del repechage

Al dipendente licenziato, dopo 10 giorni dalla misura di recesso, era giunta la lettera per essere assunto dalla stessa società in altra posizione diversa da quella svolta in passato

di Giampaolo Piagnerelli

Il licenziamento è illegittimo se il datore, prima di scegliere la misura definitiva con il dipendente, non prova a ricollocare il prestatore. Nel caso concreto, invece, la proposta di ricollocazione era giunta al dipendente a distanza di 10 giorni dal licenziamento. Secondo la Cassazione (ordinanza n. 1386/22), quindi, ha sbagliato il datore a non ricollocare il lavoratore ad altra mansione prima di procedere al licenziamento.

Nella fattispecie il tribunale (sbagliando) ha ritenuto assolto l'onere probatorio valorizzando una proposta di ricollocamento pervenuta alla lavoratrice dopo pochi giorni il licenziamento. La Cassazione evidenzia che tale proposta successiva non esonerava la parte datoriale dal dimostrare la veridicità dell'affermazione contenuta nella lettera di licenziamento circa l'impossibilità, al momento in cui la richiamata misura era stata intimata, del ricollocamento della lavoratrice. I Supremi giudici - in particolare - hanno rilevato come il licenziamento poteva essere evitato attraverso un repechage della lavoratrice in costanza di lavoro. Ciò significa che il datore ha l'onere di provare che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa per l'espletamento di mansioni equivalenti.

Per concludere quel che rileva - in altri termini - è l'impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse da quelle che svolgeva, tenuto conto della organizzazione aziendale esistente all'epoca del licenziamento.

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