Responsabilità

Liquidazione danno biologico, i dubbi sulla tabella unica nazionale

I medici legali e delle assicurazioni chiedono di essere coinvolti ne progetto di revisione

di Franco Marozzi *

È scaduta in questi giorni la cosiddetta consultazione pubblica relativa ad un progetto di Dpr contenente le tabelle per la valutazione e la liquidazione del danno biologico nel range 10-100 punti di invalidità. Queste dovrebbero diventare il punto di riferimento per misurare l’invalidità di qualsiasi cittadino (cosiddetto danno biologico) che abbia subìto una lesione alla propria salute da parte di terzi e, conseguentemente, liquidarla dal punto di vista economico. Il completamento dell’articolo 138 del Codice delle assicurazioni, che stabiliva la redazione di tali tabelle, era atteso da più di 15 anni, dal mondo giuridico, dalle imprese assicurative e dai consumatori. È chiaro che qualsiasi assegnazione di denaro determinata da un danno alla salute di un soggetto dipende totalmente dalla valutazione dell’invalidità che lo specialista in medicina legale appronta visitando chi ha subìto le lesioni. Il riferimento per questo tipo di operazione sono sempre state tabelle elaborate dalla comunità scientifica medico-legale, capeggiata dalla società scientifica Simla, che partecipò attivamente alla versione delle tabelle redatte nel 2005 e mai approvate.

A marzo 2018, con un decreto direttoriale al momento introvabile (quanto meno sul web), il ministero della Salute nominava una commissione – i cui membri non sono stati resi pubblici a tutt’oggi – che elaborava una completa revisione delle tabelle d’invalidità, terminando i lavori al luglio 2018. Molti esperti hanno già segnalato i limiti del documento, che contiene numerosi errori sia dottrinari sia clinici. Ad esempio, una errata definizione di danno morale che comprenderebbe anche una componente patologica psichica, valori relativi a menomazioni psichiche che non delimitano chiaramente i fattori di correzione previsti dalla letteratura specialistica, valutazioni inappropriate che ignorano quelle già stabilite per i punti che vanno dallo 0 al 9 % di invalidità facendo traballare il contenuto di una tabella già sussistente per legge. E si potrebbe continuare ancora in questo elenco.

Al di là di ciò, preoccupa la mancanza di un’appropriata metodologia per l’elaborazione di un documento così importante. Oggi per gestire adeguatamente sotto il profilo scientifico un’operazione che ha una ricaduta massiccia sulle imprese e sulla cittadinanza (è pari a 4,6 miliardi di euro il costo sostenuto nel 2018 da parte delle assicurazioni per i soli risarcimenti relativi ai sinistri auto in Italia) non è possibile operare senza tenere adeguatamente conto di trasparenza, conflitti di interesse e rispetto delle regole stabilite dalla ricerca in ambito medico.

Si pensi solo, per esempio, che il mancato coinvolgimento della Simla potrebbe invalidare un processo così delicato se dovesse disconoscerne la sua validità tecnica. Infatti, la Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni è inserita nell’elenco delle società scientifiche dal ministero della Salute. Tali società hanno la potestà, riconosciuta dalla legge Gelli-Bianco (24/2017) di predisporre, come la Simla ha già peraltro fatto, linee guida e buone pratiche cliniche di uso obbligatorio per chi eserciti l’attività medica, pena il riconoscimento di colpa professionale.

Inoltre, della commissione tecnica nominata dal ministero non si conoscono neanche le modalità di operatività. Ciò già di per sé qualifica le tabelle andate in consultazione come non accettabili alla luce delle corrette metodologie che governano qualsiasi procedura atta a produrre documenti “validi” in ambito clinico medico.

Non si può che auspicare che si torni rapidamente ad affrontare il problema coinvolgendo Simla e i rappresentanti medico-legali di tutti gli stakeholder coinvolti (Ania, consumatori, Inail eccetera) ad un tavolo che affronti la revisione con metodi corretti. Salvo, che al contrario, si accetti che venga dato spazio ad un’operazione che non potrà che portare ad un grave nocumento per i danneggiati e per le imprese assicuratrici.

Solo l’eccellenza scientifica, che è compagna inseparabile della trasparenza, può condurre a termine una procedura così importante e delicata, in un Paese degno di appartenere all’Europa e al novero delle più avanzate democrazie. Se tutto rimarrà così come appare dai documenti resi pubblici finora, vuol dire che l’Italia non è all’altezza. Lo si sappia. Poi non ci si lamenti. I medici-legali, comunque, l’avevano segnalato.

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