Penale

Lo scafista è l'autore mediato dello sbarco in Italia materialmente realizzato dai soccorsi

Il naufragio non volontariamente provocato non spezza il nesso di causalità col favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e le morti conseguenti al reato

di Paola Rossi

Lo scafista non può scaricare sui soccorritori delle Ong il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina aggravato dalla morte e dalle procurate lesioni dei migranti. L'autore diretto del delitto è in realtà colui che viene tratto in inganno o costretto in buona fede a commettere il reato a tutela di interessi superiori delle persone quale la loro incolumità e l'obbligo appunto di trarli in salvo. E questo anche se lo sbarco - secondo il diritto del mare - non avviene nel porto più vicino al punto dove si realizza il naufragio. La condotta dei soccorritori è scriminata dall'articolo 48 del Codice penale. La Corte di cassazione ha così respinto - con la sentenza n. 15084/2021 - il ricorso di due uomini libici che, in base alle testimonianze dei migranti, erano stati individuati come responsabili dell'illegale trasporto e perciò condannati a 14 anni di reclusione e a una multa di oltre 6 milioni di euro.

Il reato mediato
L'uso di mezzi fatiscenti o la messa in atto di modalità che rendano umanitariamente necessario il salvataggio in mare determinano in capo allo scafista il ruolo di autore mediato del reato. Del reato commesso dalle Ong risponde solo l'autore "mediato", cioè colui che volontariamente abbia indotto in errore l'autore diretto, salvo che il suo errore non sia incolpevole. Solo in tal caso potrebbe l'autore "diretto" del reato essere chiamato a risponderne a titolo di colpa.

Giurisdizione
Riaffermata la competenza del giudice italiano per i migranti soccorsi in acque internazionali e trasportati da altre imbarcazioni sulle coste nazionali. Non scatta perciò la competenza del giudice dello Stato di cui batte bandiera il natante che naufraga in acque internazionali. I ricorrenti contestavano la giurisdizione italiana in quanto l'incidente non era stato provocato al fine di determinare il soccorso umanitario in mare, ma era frutto di un guasto tecnico e quindi la vicenda di cui venivano imputati si era completamente realizzata in acque internazionali senza addivenire direttamente allo sbarco in Italia e quindi senza aver favorito di fatto alcun ingresso illegale.
Comunque - affermano i giudici - il guasto o l'avaria, anche se non volontariamente procurato, non poteva ritenersi imprevedibile date le condizioni vetuste dell'imbarcazione e il sovraffollamento. Non si può, in base a tali presupposti materiali, affermare che scafisti e migranti non ritenessero di poter contare sull'intervento di terzi, cioè i soccorritori. Costringendoli appunto al salvataggio e a concludere il viaggio verso l'Italia.

Scriminanti e attenuanti negate
Non scatta alcuno stato di necessità per la morte delle persone imbarcate su natante in numero esorbitante rispetto ai posti convenzionalmente previsti per quel dato mezzo di trasporto. I migranti - affermano gli imputati - erano tutti portatori di interessi personali in ordine al motivo e alle modalità del viaggio per cui inattendibili. I ricorrenti sostengono perciò che non vi è prova che i dichiaranti che li avevano individuati come gli scafisti non fossero in realtà loro stessi gli scafisti. Gli imputati sostenevano inoltre, a loro discolpa, di essere stati costretti con violenza da altri a condurre l'imbarcazione. Circostanza non provata.

I reati conseguenti
I ricorrenti sostenevano anche che mancasse il nesso causale tra il delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e quello previsto e sanzionato dall'articolo 586 del Codice penale per le morti e le lesioni personali dovute al naufragio, affermando che questo si era determinato per un imprevedibile guasto e per il movimento della folla di migranti reale causa dell'incidente non governabile dalla loro volontà. L'omicidio colposo è stato invece attribuito ai ricorrenti in cooperazione colposa tra loro. In caso di dolo si sarebbe trattato di un'ipotesi di concorso nel reato.

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