Lotterie, se il vincitore non riceve il premio può ottenere la cauzione versata al ministero dello Sviluppo
La Cassazione enuncia un principio inedito con l'ordinanza 24428/2020.
In tema di concorsi a premio, la prestazione di una cauzione da parte del promotore al Ministero delle attività produttive, ai sensi dell'articolo 7 del Dpr n. 430 del 2001, non ha la funzione di tutela della pubblica fede, con conseguente estraneità della Amministrazione alle controversie tra promittente e promissario in ordine alla spettanza del premio, ma ha la funzione di assicurare la effettiva consegna dei premi spettanti ai vincitori ma non corrisposti dal promotore del concorso. Deriva da quanto precede, pertanto, che in caso di mancato pagamento del premio la somma incamerata dalla Amministrazione non può essere da questa trattenuta ma deve essere consegnata al vincitore. Lo fa stabilito la sezione I della Cassazione con l' ordinanza 3 novembre 2020 n. 24428 .
Un nuovo principio
Questione nuova, sulla quale non risultano precedenti in termini.
Nella specie Tizio, vincitore di un concorso a premi - un'autovettura Porsche del valore di 54.500.000 euro - non avendo ottenuto dagli organizzatori del concorso stesso, il premio promesso, ha convenuto in giudizio il ministero dello Sviluppo Economico per ottenere l'incameramento della cauzione di importo pari al premio, versata dagli organizzatori ai sensi dell'articolo 7 del Dpr n. 430 del 2001.
Sia il tribunale che la Corte di appello hanno disatteso tale richiesta, assumendo di volere dare seguito al principio enunciato da Cassazione, sez. un., sentenza 29 aprile 1981, n. 260 [in Giust. civ., 1981, I, p. 2269], secondo cui, in particolare, con riguardo ad un concorso a premi, che sia bandito da un privato per finalità commerciali, l'intervento della pubblica amministrazione, secondo la previsione degli articoli 43 e segg del regio decreto legge 19 ottobre 1938 n 1933 (convertito nella legge 5 giugno 1939 n 973 e modificato dalla legge 15 luglio 1950 n 585), si svolge nella fase preventiva della autorizzazione, cioè della rimozione di un ostacolo pubblicistico alla diffusione del bando di concorso, nonché nella fase successiva del controllo dell'espletamento del concorso stesso, per esigenze fiscali e per la tutela della pubblica fede e del normale andamento del commercio, ma non incide sul carattere esclusivamente negoziale della promessa al pubblico contenuta nel predetto bando, ne interferisce sul rapporto obbligatorio fra il promittente ed il terzo promissario, che sia titolare del diritto al premio in relazione alla ricorrenza delle circostanze e condizioni fissate nel bando, ne implica alcun accertamento sulla sussistenza di tali requisiti. Ne consegue l'estraneità della amministrazione, rispetto alla controversia fra promittente e promissario in ordine alla spettanza o non del premio, e, quindi, la non configurabilità di limitazioni o deroghe alla giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia medesima.
Diversamente, la Suprema Corte ha ritenuto non pertinente il richiamato precedente, reso con riguardo a un antecedente e diverso quadro normativo ha cassato la sentenza impugnata, facendo leva, soprattutto, sulla formulazione letterale dell'articolo 7 del Dpr n. 430 del 2001 (puntualmente riportata in motivazione, nella decisione in rassegna: al fine di garantire l'effettiva corresponsione dei premi promessi, i soggetti che intendono svolgere una manifestazione a premio prestano cauzione in misura pari: a) in caso di concorsi, al valore complessivo dei premi promessi determinato ai fini dell'imposta sul valore aggiunto o della relativa imposta sostitutiva o sulla base del prezzo dei biglietti delle lotterie nazionali e delle giocate del lotto …; Il Ministero delle attività produttive dispone l'incameramento della cauzione qualora: a) in caso di concorsi, dal verbale redatto dal notaio o dal funzionario di cui all'articolo 9, risultino commesse violazioni relative alla consegna dei premi; b) in caso di operazioni, accerti, d'ufficio o a seguito di denuncia presentata dai partecipanti, la mancata corresponsione dei premi promessi).
Per utili riferimenti, sulla questione cfr., altresì, per l'affermazione che il divieto di premi in danaro in concorsi banditi da privati, posto dall'articolo 51 del regio decreto legge 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito in legge 5 giugno 1939, n. 973, opera soltanto sul piano della necessaria autorizzazione amministrativa e non svolge alcuna influenza sul rapporto fra il soggetto che ha bandito il concorso ed il soggetto vincitore, sicché a tale rapporto si applicano tutte le norme ed i principi in tema di obbligazioni e, in particolare, quelli in tema di risarcimento del danno in forma pecuniaria, in caso di inadempimento dell'obbligazione di consegna, a titolo di premio, di beni mobili determinati. La reintegrazione del diritto leso mediante il risarcimento in denaro rappresenta infatti, alla luce dei principi posti dall'art. 24 Cost., un naturale e necessario mezzo per assicurare, in via giurisdizionale, la tutela dell'interesse sostanziale che non ha ottenuto, o non può ottenere, soddisfacimento attraverso la prestazione cui il soggetto si era originariamente obbligato, di talché la sua negazione si traduce nell'esclusione della pienezza della tutela del diritto, la quale va assicurata non solo con gli strumenti processuali, ma anche, e soprattutto, sul piano sostanziale, Cassazione, sentenza 22 gennaio 2003, n. 940, in Fisco, 2003, p. 1246) (M. Fin.).