Immobili

Lottizzazione abusiva, la locazione rientra tra gli "atti equivalenti" alla vendita

Per le SU, sentenza n. 12155 depositata oggi, nessun eccesso di potere nella decisione del Consiglio di Stato

di Francesco Machina Grifeo

In un caso di lottizzazione abusiva, nessun eccesso di potere può essere addebitato al Consiglio di Stato per aver esplicitato le ragioni indicate nel provvedimento della pubblica amministrazione impugnato. Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 12155 depositata oggi, respingendo il ricorso degli eredi di un "lottizzatore", contro Roma Capitale, per la riforma della decisione del giudice amministrativo.

In sostanza, i ricorrenti sostenevano di aver concesso in locazione i terreni mentre il provvedimento della Pa si sarebbe erroneamente fondato sulla stipulazione di una "compravendita" mai realizzata. A quel punto Palazzo Spada sarebbe intervenuto sulla motivazione del provvedimento.

Secondo la Cassazione, invece, il Cds ha semplicemente chiarito che la locazione di parti del lotto integrava gli "atti equivalenti", previsti dall'articolo 18 della legge n. 47/1985, idonei a configurare la lottizzazione abusiva contestata.

Il Consiglio di Stato, spiega la decisione, è rimasto nei limiti della propria giurisdizione esprimendo un giudizio di "mera legittimità, fondato sulla valutazione della conformità della impugnata determinazione dirigenziale alla disciplina legale della materia". Il giudice amministrativo d'appello ha infatti evidenziato che: il terreno è stato interessato, oltre che dalla stipula di atti tra privati in grado di provocarne il frazionamento in termini funzionali, dalla realizzazione di opere edilizie complessivamente preordinate alla destinazione dei singoli lotti per finalità non coerenti con la originaria vocazione agricola dell'area. E che questi profili concorrenti sono stati valorizzati dall'atto impugnato, ove si discorre di "atti equivalenti" alla compravendita, alludendo ai contratti di locazione stipulati.

Nella disciplina sulla lottizzazione, infatti, spiega la decisione, l'attività negoziale è presa in considerazione quale strumento per il perseguimento dell'intento lottizzatorio e, quindi, quale indice della sussistenza di tale intento. "Con la conseguenza che non è decisiva la qualificazione giuridica dell'attività negoziale secondo gli schemi contemplati dalla disciplina civilistica, quanto piuttosto la sua possibile preordinazione allo scopo edificatorio".

Il Consiglio di Stato non ha dunque creato un nuovo provvedimento attraverso un'operazione di costruzione in giudizio di un apparato motivazionale non riscontrabile nell'atto impugnato ma si è "limitato ad esplicitare le ragioni indicate nel provvedimento impugnato, il quale, elencate nel dettaglio le opere eseguite su ciascun lotto, contiene l'espressa motivazione che la lottizzazione si era concretizzata nella trasformazione del terreno mediante il frazionamento e la vendita o atti equivalenti del terreno di circa mq 56.616".

In definitiva, conclude la Suprema corte: "Non incorre in eccesso di potere giurisdizionale per usurpazione della funzione amministrativa la sentenza del Consiglio di Stato che, nel confermare il rigetto dell'impugnazione del provvedimento amministrativo in fattispecie di lottizzazione abusiva, affermi che anche il contratto di locazione - in quanto costitutivo di un diritto personale di godimento in capo al conduttore, suscettibile di assicurare a quest'ultimo la disponibilità materiale ed il godimento dell'immobile - può integrare, al pari degli atti di compravendita, uno degli elementi costitutivi della fattispecie della lottizzazione, e quindi può essere fatto rientrare nella categoria degli ‘atti equivalenti', valorizzati nel quadro motivazionale del provvedimento impugnato, che la disciplina sulla lottizzazione equipara alla vendita".

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