Famiglia

Mantenimento del figlio maggiorenne, l’obbligo dell’assegno non può essere aggirato ospitandolo

Per la Cassazione, ordinanza n. 3329/2025, la decisione di accogliere e mantenere il figlio in casa non può integrare una modalità alternativa di adempimento dell’obbligazione

di Francesco Machina Grifeo

Il genitore obbligato al mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente che ha scelto di vivere da solo, non può in alternativa scegliere di adempiere mediante l’accoglimento in casa. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ordinanza n. 3329/2025, accogliendo il ricorso di un ventiduenne studente di farmacia nei confronti della madre.

La Corte di appello di Torino invece aveva dato ragione alla donna revocando l’assegno di 800 euro mensili e confermando unicamente l’obbligo di corrispondere il 50% delle spese mediche, scolastiche, sportive e ricreative. Secondo la Corte territoriale, l’obbligo di mantenimento andava ricondotto alle obbligazioni “sostanzialmente alimentari”, per cui il figlio non poteva rivendicare il contributo considerato che la madre non aveva mai avallato la sua scelta di abbandonare la casa, per andare a vivere da solo. L’obbligazione alimentare, infatti, assume aspetti di obbligazione alternativa, per cui, sempre secondo il giudice di secondo grado, sussiste la possibilità di scelta dell’obbligato tra la corresponsione di un assegno e l’accoglimento in casa di abitazione.

La Prima sezione civile ricorda che la giurisprudenza, in più occasioni, ha attribuito, è vero, natura “sostanzialmente alimentare” all’assegno di mantenimento del figlio, tuttavia lo ha fatto “ai soli fini della compensazione e della ripetizione degli importi già corrisposti”. Diverso invece è il discorso con riguardo all’adempimento dell’obbligo di mantenimento, dove “il legislatore ha operato una chiara ed espressa regolamentazione, diversa da quella prevista in materia di alimenti”.

Il comma 1 dell’art. 443 c.c. prevede che «Chi deve somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere questa obbligazione o mediante un assegno alimentare corrisposto in periodi anticipati, o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto». Ed il comma 2 aggiunge che «L’autorità giudiziaria può, però, secondo le circostanze, determinare il modo di somministrazione».

Per quanto riguarda invede il contributo al mantenimento dei figli, minori o maggiorenni (non autosufficienti), l’art. 337 ter, al co 4, c.c. prevede che «Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori. 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore. 4) le risorse economiche di entrambi i genitori. 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore…». Con riguardo poi specificamente ai maggiorenni l’art. 337 septies c.c., prevede che «il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico.» La stessa norma stabilisce, poi, che «Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto».

Non è, dunque, previsto che il genitore obbligato al mantenimento “possa scegliere unilateralmente di adempiere all’obbligo mediante accoglimento in casa del figlio da parte di uno gei genitori”.

E allora tornando alla sentenza impugnata, la Cassazione rileva che la Corte d’Apello, nell’accogliere il ricorso della madre, oltre alla disponibilità di riprendere in casa propria il figlio, non ha fatto alcuna valutazione sulle consistenze dei genitori né sul tenore di vita familiare, essendosi limitata a dare rilievo al fatto che il padre già corrispondeva un assegno di mantenimento e che entrambi i genitori provvedevano al pagamento delle spese straordinarie.

In conclusione la Suprema corte ha affermato i seguenti principi di diritto: «In tema di mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, l’adempimento del relativo obbligo è disciplinato dal combinato disposto degli artt. 337 ter e 337 septies c.c., non potendo applicarsi la disciplina prevista dall’art. 443 c.c. per l’adempimento delle obbligazioni alimentari, diverse per finalità e contenuto, con la conseguenza che la decisione di accogliere e mantenere il figlio in casa non può integrare una modalità alternativa di adempimento dell’obbligazione che può scegliere unilateralmente il genitore obbligato, costituendo, semmai, un elemento da valutare, ove esistente, ai fini della quantificazione dell’assegno ai sensi dell’art. 337 ter, comma 4, c.c.». E ancora: «Ai fini della determinazione del contributo al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, deve tenersi conto delle condizioni di vita del figlio durante la convivenza dei genitori e deve osservarsi il principio di proporzionalità, che, nei rapporti interni tra i genitori, richiede una valutazione comparata delle consistenze di entrambi.»

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