Giustizia

Mascherin e i consiglieri Picchioni, Orlando e Savi si dimettono con una missiva al Cnf

L'annuncio questo pomeriggio a pochi giorni dalla conferma della ineleggibilità da parte della CdA di Roma

di Francesco Machina Grifeo

Svolta nella partita relativa alla ineleggibilità dei vertici del Cnf. Qualche ora fa, infatti, l'ex presidente Mascherin e altri tre consiglieri - Picchioni, Orlando e Savi - hanno rassegnato le dimissioni dalle rispettive cariche. Lo rende noto "Il Dubbio" organo ufficiale del Consiglio nazionale forense.

Determinante la decisione della Corte di Appello di Roma che il 22 luglio scorso aveva confermato l'ineleggibilità di Mascherin e di altri 7 componenti del Consiglio (Andrea Pasqualin, Antonio Baffa, Giuseppe Picchioni, Maurizio Magnano di San Lio, Stefano Savi, Giovanni Arena e Carlo Orlando), riconoscendo anche per il massimo consesso dell'avvocatura il divieto di triplo mandato consecutivo.

Ai primi di giugno, "considerata, l'imminente decisione" del giudice di secondo grado, Mascherin e il vicepresidente Picchioni avevano già comunicato al Cnf la decisione di non partecipare "per ragioni di opportunità" ad alcuna attività consiliare né a quelle collegate.

Nella lettera, a quanto scrive "Il Dubbio" Mascherin ringrazia «gli attuali e tutti gli altri componenti del Consiglio che nei tanti anni si sono susseguiti nel condividere un percorso comune, per alcuni aspetti ambizioso e coraggioso, avente come traguardo il riconoscimento della alta funzione degli Avvocati all'interno della Società e della Giurisdizione». Il riferimento evidentemente è alla battaglia per l'inserimento dell'avvocato in Costituzione.

Seguono i ringraziamenti a tutte le istituzioni forensi: dalla Cassa Forense, alle Articolazioni ordinistiche, ma vengono citati anche i Consigli di disciplina le Rappresentanze politiche, i Comitati, il mondo dell'Associazionismo ecc.

Picchioni richiamando il contenuto della decisione della CdA invece scrive: «ancorché, e non solo per la parte motiva, mi rafforzi nel convincimento della fondatezza delle nostre tesi, mi impone di tener conto dei suoi riflessi sul piano istituzionale. E ciò al di là delle personali convinzioni sull'esito processuale della vicenda, peraltro non definitivo, e delle sue implicazioni».

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