Immobili

Mediazione immobiliare, per la provvigione non basta aver messo in relazione le parti

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 3165 depositata oggi, chiarendo che è necessario che la conclusione dell'affare "sia effetto causato adeguatamente" dall'intervento del mediatore

di Francesco Machina Grifeo

Nella compravendita di un immobile, per far scattare il diritto alla provvigione del mediatore (articolo 1755, comma 1) non è sufficiente l'aver messo in relazione le parti ma "è necessario che la conclusione dell'affare sia effetto causato adeguatamente dal suo intervento". Per altro verso, il fatto che successivamente sia intervento di un secondo mediatore non è di per se sufficiente "a privare ex post l'opera del primo mediatore di tale qualità di adeguatezza". Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 3165 depositata oggi, affermando un principio di diritto.

La II Sezione civile ha così rigettato il ricorso di una agenzia immobiliare nella parte in cui rivendicava il diritto alla provvigione per aver messo in relazione le parti. La Corte ha comunque accolto (con rinvio) il ricorso alla luce di una specifica clausola presente nel mandato secondo la quale: «In caso di vendita effettuata direttamente nel periodo dell'incarico, in caso di vendita effettuata direttamente dopo la scadenza a clienti da Voi presentati nel periodo dell'incarico e per revoca del presente, Vi sarà corrisposta una somma, a titolo di penale, pari al 75% del compenso pattuito». Mentre non ha rilievo il fatto che la vendita non sia stata diretta ma "mediata" da una seconda agenzia.

Al fine di escludere l'"efficienza causale adeguata" dell'opera del primo mediatore, si legge nella decisione, pesano in particolare le seguenti circostanze: (a) la parte che è stata messa in relazione con il venditore non coincideva con la successiva acquirente di cui era la madre (benché fosse presente durante le visite all'immobile); (b) l'affare si è concluso dopo un lasso di tempo significativo dalla scadenza dell'incarico conferito al primo mediatore; (c) il venditore si è rivolto ad un secondo mediatore, la cui opera ha avuto un ruolo di efficienza causale adeguata rispetto alla conclusione dell'affare. Per la Corte nessuna di queste circostanze isolatamente considerata è sufficiente per negare la provvigione ma tutte insieme invece risultano idonee a confermare la decisione presa in appello.

In altra parole, la quaestio iuris è : al fine di considerare che la conclusione dell'affare sia l'effetto dell'intervento del mediatore, è sufficiente o meno che questi abbia messo in relazione le parti e così abbia posto l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto? La tesi sostenuta dalla ricorrente si risolve sostanzialmente nella risposta positiva, mentre viene fatto scivolare in secondo piano il carattere adeguato dell'apporto causale di quest'ultimo. Per il Collegio tale tesi non può essere condivisa. E questo non solo per l'intervento autonomo di un secondo mediatore al quale un peso nella vicenda dovrà pur essere accordato; ma soprattutto perché la messa «in relazione di due o più parti per la conclusione di un affare» (articolo 1754 c.c.) non è elemento sufficiente, di per sé, a far ritenere che l'affare sia «concluso per effetto» dell'intervento del mediatore (articolo 1755 c.c.).

Diversamente, la nozione di causalità efficiente dell'intervento del mediatore accolta dall'articolo 1755, co. 1 c.c. si ridurrebbe a considerare quest'ultimo una condicio sine qua non della conclusione dell'affare. La nozione di causalità adeguata serve dunque a rendere elastico il termine «effetto» (di cui all'articolo 1755, co. 1 c.c.), nonostante sia prima facie percepibile la sua sudditanza linguistica alla teoria della causalità condizionalistica, se non della causalità naturale («causa-effetto»). Il concetto di «effetto» si arricchisce della qualità della «adeguatezza».

In conslusione la Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: "Al fine del sorgere del diritto alla provvigione ex art. 1755, co. 1 c.c., è necessario che la conclusione dell'affare sia effetto causato adeguatamente dal suo intervento, senza che il mettere in relazione delle parti tra di loro ad opera del mediatore sia sufficiente di per sé a conferire all'intervento di questi il carattere di adeguatezza, né che l'intervento di un secondo mediatore sia sufficiente di per sé a privare ex post l'opera del primo mediatore di tale qualità di adeguatezza".

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