Lavoro

Medici-professori universitari, il nuovo Protocollo non interviene sul pregresso

Lo ha chiarito la Cassazione, con la sentenza n. 31339 depositata oggi, con riguardo alla condizione retributiva

di Francesco Machina Grifeo

I Protocolli che regolano il trattamento retributivo dei medici professori universitari non possono intervenire sulle prestazioni già rese fissando un regime peggiorativo. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 31339 depositata oggi, accogliendo il ricorso di una pattuglia di docenti universitari, addetti ad attività assistenziali presso una Azienda Ospedaliera, che avevano contestato l’applicazione retroattiva del nuovo Protocollo d’intesa fra la Regione Siciliana e l’Università degli Studi di Palermo.

Il Protocollo, infatti, seppure sottoscritto il 10 marzo 2010, prevedeva che i propri effetti decorressero dal 1° gennaio 2009 e ciò “in pregiudizio dei trattamenti di miglior favore conseguenti al precedente Protocollo”. La Corte d’Appello, invece, aveva ritenuto fondata l’impugnazione dell’Azienda Ospedaliera che faceva leva sulla scadenza della precedente intesa, affermando la potestà delle parti di intervenire retroattivamente, a garanzia della continuità e certezza dei rapporti giuridici. Al contrario per i medici ricorrenti, siccome la legge non predetermina la durata dei Protocolli, gli effetti dell’intesa del 2004 non potevano essere rimossi dal successivo Protocollo con effetti ex tunc.

Il tema, dunque, è quello del succedersi nel tempo di Protocolli di intesa destinati a comportare modificazioni sui trattamenti economici. Per prima cosa, la Corte esclude - per “ineludibili ragioni di uniformità” e di “prevedibilità finanziaria”- che possano avere rilevanza i contratti individuali.
Dopodiché, siccome manca una normativa espressa sulla durata dei Protocolli, va stabilito quali siano gli effetti della consecuzione temporale tra di essi. Quando, spiega la Corte, il Protocollo è munito di una “data certa” non vi sono limiti all’introduzione di una successiva disciplina meno favorevole; anche se tra lo spirare del termine del primo Protocollo e l’adozione del successivo, vi sia un lasso di tempo nell’ambito del quale vengano rese le prestazioni (a meno di norma specifiche di salvaguardia).

Se invece il Protocollo sia privo di scadenza certa, soccorrono i principi generali che non consentono di rimuovere con effetto ex tunc trattamenti previsti dalla fonte ancora in atto al momento della prestazione.

E allora, tornando al caso concreto, siccome dalla sentenza impugnata “non si evince un chiaro accertamento di quale fosse l’assetto temporale dell’efficacia del Protocollo pregresso”, neppure poteva applicarsi ex tunc il Protocollo successivo, non ancora in essere al momento della prestazione.

In definitiva, la Sezione lavoro afferma i seguenti principi di diritto: «i rapporti di impiego con i docenti universitari impiegati nelle aziende sanitarie sono di diritto pubblico e non sono soggetti a regolazione attraverso la contrattazione collettiva, ma a disciplina unilaterale di fonte legale o amministrativa che risale, quanto al regime della perequazione con i medici del S.S.N. secondo il regime del d. lgs. n. 517 del 1999 (art. 6), sopravvenuto a quello dell’art. 31 del d.p.r. n. 731 del 1979 e dell’art. 102 d.p.r. n. 382 del 1980, a quanto stabilito dai Protocolli di Intesa tra le Regioni e le Università».

«Ciononostante – prosegue la Corte -, i trattamenti diversificati tra i diversi Protocolli succedutisi nel tempo soggiacciono a regole analoghe a quelle stabilite per il succedersi tra contratti collettivi di minor favore, nel senso che, quando un Protocollo sia scaduto, è permesso ad un successivo Protocollo di stabilire un trattamento meno favorevole con efficacia a far data da tale scadenza, mentre non è consentito regolare con effetto ex tunc, in modo meno favorevole, il trattamento per prestazioni già rese nella perdurante vigenza di un precedente Protocollo o di norme di esso destinate a disciplinare il periodo transitorio».

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