Millantato credito all'usciere che chiede denaro per comprare il favore dei funzionari
È colpevole di millantato credito l'uscere del Comune che si fa consegnare somme per comprare il favore dei funzionari. La Corte di cassazione, con la sentenza della sesta sezione penale n. 11534/2017, rigetta il ricorso del dipendente dell'ente locale contro la sentenza della Corte d'appello di Milano che aveva riqualificato l'originaria imputazione di reato di induzione indebita in millantato credito.
La vicenda - Il ricorrente, in qualità di usciere di un Comune della provincia lombarda, si era fatto consegnare da un terzo delle somme di denaro che asseriva fossero destinate a favorirlo «addolcendo alcuni funzionari» per mandare avanti la pratica di assunzione presso una società a partecipazione pubblica.
In primo grado, il Tribunale di Milano aveva condannato l'usciere per induzione indebita ma la Corte d'appello aveva preferito riformare la sentenza applicando l'articolo 346, comma 2 del codice penale che disciplina il millantato credito in considerazione del fatto che l'uomo non fosse pubblico officiale e nemmeno incaricato di pubblico servizio. Aveva contribuito a questo cambio di idea un nuovo elemento accertato: l'uscere avrebbe messo in scena anche una telefonata «apparentemente proveniente da un funzionario». Una condotta questa qualificata dai giudici di subdola e artificiosa suggestione che apriva la strada alla modifica dell'imputazione.
La decisione - I giudici della Cassazione confermano la linea adottata dalla Corte d'appello la cui decisione non avrebbe inciso sulla correlazione tra contestazione e sentenza - come lamentato dal ricorrente – e nemmeno sul diritto dell'imputato di difendersi.
La pronuncia di secondo grado costituisce un «esito decisorio prevedibile».
Nei casi di questo genere – specifica la Cassazione – è in primo luogo configurabile proprio il delitto di millantato credito che tutela del prestigio della Pa e che si fonda sul raggiro, nella fattispecie è costituito dal «ricorso alla vanteria di ingerenze e pressioni presso funzionari». Potrebbe semmai «concorrere» con il delitto per truffa quando si accompagni all'ulteriore attività diretta all'induzione in errore del terzo in vista di un profitto illecito con altrui danno.
Corte di Cassazione – Sezione VI – Sentenza 9 marzo 2017 n. 11534