Penale

Minori, limiti per l’alternativa alla detenzione

di Patrizia Maciocchi

Non viola la Costituzione il tetto di pena previsto per consentire ai condannati minorenni di accedere alle misure di comunità dell’affidamento in prova ai servizi sociali e della detenzione domiciliare. La Corte costituzionale (sentenza 231/2021, redattore Giuliano Amato) esclude che con i limiti imposti dall’articolo 2 del Dlgs 121/2018 - che introduce le misure alternative per gli under 18 - si crei un automatismo in contrasto con la funzione di reinserimento sociale. Né la norma comprime le esigenze di individualizzazione del trattamento penitenziario minorile, che derivano dai principi costituzionali di protezione dell’infanzia e della gioventù e di finalizzazione rieducativa della pena.

La preclusione per chi deve espiare pene più elevate non è irragionevole. Il limite va infatti bilanciato con l’esigenza di rispettare altrettanto fondamentali esigenze di tutela, legate a condotte criminose che sono state considerate, in concreto e attraverso un rigoroso accertamento giudiziale, meritevoli di sanzioni penali elevate. La disciplina esaminata non preclude, poi, la possibilità di accedere ad altri benefici penitenziari, alle condizioni stabilite dalle disposizioni che regolano ciascun istituto. Al disegno riformatore viene riconosciuto anche il merito di aver innovato l’organizzazione degli istituti penali per i minori.

Ma, detto questo, la Consulta afferma, a più riprese, che sarebbe auspicabile adottare scelte per ampliare la sfera applicativa delle misure alternative alla detenzione, come tra l’altro previsto nell’originario schema governativo di Dlgs. Una via da imboccare in nome della preminenza del la finalità educativa e socializzante dell’esecuzione della pena minorile. E anche per evitare controproducenti interruzioni del percorso intrapreso.

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